27 maggio 2006

Non presentazione di un non libro

BIANCIARDI e/o TERROSI- NON PRESENTAZIONE DI UN NON LIBRO

Prima si canta poi si parla.
“È meglio uno stonato che canta che un intonato che piange!”
È una massima di Morbello Vergari, che voglio ricordare per dire che in questa vicenda del “non libro” mi sento proprio stonato. Però non piango e continuo a cantare e a cercare con le parole dove si è sbagliato (se si è sbagliato) e cosa non ha funzionato nel rapporto con gli interessati.

La mia parte, marginale e per certi versi inutile, si era limitata a reperire due testimonianze orali di Enrico Pareti (pittore) e Nicola Marotta (tipografo) per parlare del Terrosi meno noto (tipografo e pittore appunto). I figli di Mario hanno ritenuto di non dover mettere questo mio pezzo che tuttavia parlava attraverso due amici di un personaggio che si è misurato con il proprio lavoro e con la creatività artistica facendo mostre dei suoi quadri, partecipando ad iniziative estemporanee di pittura, confrontandosi insomma con il proprio tempo nella ricerca di una rappresentazione di sé non banale e nemmeno scontata.

Altre cose ritenute non funzionali al libro sono state alcune testimonianze su Bianciardi che avevo inciso in occasione della presentazione (del 1974) di “Bianciardi com’era”. Si trattava di alcuni stralci relativi agli interventi di Pilade Rotella, Delfo Ceni e le poche parole che Mario Terrosi disse nell’occasione.
Ritenute a torto o a ragione ingombranti o non significative (in effetti le due testimonianze di Rotella e Ceni parlavano di Bianciardi e dei loro rapporti con questo personaggio) sono state tolte.

Dunque io che c’entro?
In questa vicenda il mio nome compare come “curatore” insieme a quello di Antonello Ricci che ha insistito perché così fosse. Avevo cercato di svincolarmi da questa “cura” ma non c’è stato verso: “Poche discussioni!” mi ha detto l’amico, ci hai lavorato e ci devi stare…
Questa è la mia storia ed anche la storia di alcune cose di questo libro che qui non compaiono.

Dunque per il fatto che figuro come co-curatore sono stato invitato a questa “non presentazione”.
Ma che cosa potrei dire? Ho chiesto all’amico.
I processi sono noiosi e sterili. E i giudici (cioè quelli che pretendono di dare un giudizio a volte anche inappellabile delle cose) sono proprio da evitare.
Diverso è offrire qualche considerazione che “giudica” un operato e si confronta con altre posizioni.
Alla fine ho accettato di essere qui stasera perché non si può dire di no ad Antonello o agli amici del “Fondo” che in fondo in fondo hanno una storia (del loro entusiasmo) ancor più complicata alle spalle.
Poi i tortelli di Vanda (la moglie di Lio): a questi proprio non potevo rinunciare.
Ho chiesto di farmi accompagnare dal Coro degli Etruschi (gruppo al quale mi onoro di appartenere). La cosa è stata accolta dunque ho il piacere di esserci in questo modo. Per cantare.

Cosa insegna però questa vicenda?
Intanto il “divieto” alla pubblicazione di certi testi prima e del libro (già fatto) poi è venuto dai figli.
Gli eredi legittimi.
Voglio ricordare che nel caso di altri scrittori “popolari” di Maremma (fra i quali metto anche Morbello Vergari), sono stati proprio i familiari a cercare una via per valorizzare i propri congiunti attraverso le loro opere, mettendo in circolazione materiali altrimenti destinati all’oblio.
L’interesse a far vivere il ricordo, promuovendo una iniziativa editoriale o quant’altro per rendere fruibile un testo e tornare a parlare di chi non c’è più, di un’epoca, di una personalità dovrebbe avere nei figli i naturali promotori.
Si scopre che non è così; ormai i casi sono più d’uno, come ricorda Antonello.
Sembra purtroppo che gli interessi si leghino sempre più a quelli di carattere economico.
È dunque la legge del mercato a prevalere? Certo non è quella del buon senso che dovrebbe favorire una rilettura critica, una collocazione storica ed epocale di un’opera sicuramente compiuta facendo conoscere vizi e virtù dell’autore.

“Chi muore giace e chi vive si da pace”. Altro proverbio.
Io capisco che dovendo fare i conti con il ricordo possono affiorare situazioni conflittuali, rapporti complicati, cose che finiscono per mettere in crisi le immagine consolidate, gli affetti profondi.
Con questa vicenda, impedendo la pubblicazione del libro, si è agito un annullamento soprattutto nei confronti di Mario Terrosi, che io considero scrittore di valore, e che è stato l’autore di “Bianciardi com’era”. Non permettendo la riedizione di questa sua opera (sottolineo sua perché Mario usò le lettere di Bianciardi come citazioni incastrandole in un ragionamento), si mette davvero una pietra sopra al lavoro di Terrosi scrittore.
Si uccide la sua creatività, il suo rigore critico ed anche la sua abile misura di narratore che seppe per primo, mettendosi in gioco, far emergere la personalità complessa di Bianciardi; con una operazione esemplare che riuscì in quegli anni a rendere l’immagine piena di Bianciardi come uomo e scrittore.

Non mi addentro nelle questioni legali.
Una cosa però mi pare evidente: tutta la vicenda per come si è configurata può avviare una nuova discussione sui diritti e sui “rovesci” di una eredità intellettuale.
Una vicenda (che lascia l’amaro in bocca) può cominciare a far ragionare. Intanto chi scrive.

“I libri- scriveva Bianciardi - a differenza dei figli, sono opera collettiva”
Ritengo che si riferisse ai contenuti dei libri, ai suggerimenti, ai rapporti che spesso consentono di far nascere un’opera e di renderla fruibile. Però “sono opera collettiva” significa anche che appartengono alla collettività. E allora siccome questo libro non è fruibile dobbiamo, nostro malgrado, considerarlo come un “non libro”, un libro mancato.

Materia complessa quella dei diritti d’autore. Altrettanto complicato è poi il mercato editoriale che chiede soldi per pubblicare un’opera (non è il caso di Baraghini). Leggerei una poesia di Lio Banchi che mi sembra particolarmente adatta a rappresentare una certa editoria:
Ma voi dite bene un libro scrivi
tutti mi fate il solito discorso
ma come vuoi puoi toccar dove ‘un arrivi
tu presti un bacio e lo ricevi un morso
ma che ti ammazza so’ gli òmini vivi
perché non hanno al cuor nessun rimosrso
voi siete saggi datemi un consiglio
io tre milioni quando li ripiglio. (27/6/1988)

A Lio Banchi nel 1988 avevano chiesto quella cifra per pubblicare e Lio (del quale oggi c’è il libro, grazie a quelli del “Fondo”), non se la sentì di affrontare la spesa.
“Ma che ti ammazza so’ gli òmini vivi”. La poesia di Banchi dice tutto in questo verso.
Io lavoro da anni sui materiali orali dei quali spesso non si conosce l’autore.
Quei testi (che non vantano diritti), e che non hanno eredi legittimi, non li salvaguarda nessuno.
Ad esempio il libro de “I canti popolari in Maremma” che curai con Morbello Vergari e che uscì nel 1975 (I° edizione) subì una vicenda di appropriazione indebita dei canti pubblicati perché un maestro di musica (che non merita neppure d’essere ricordato) senza sforzarsi troppo a fare una propria ricerca e neppure a trascrivere le musiche depositò alla Siae a nome suo alcuni brani che erano nel libro. Me cojoni! (direbbe l’amico Antonello)

Come si vede è materia complessa. E sui diritti d’autore ci sarebbero da rivedere diverse cose distinguendo gli autori dai loro eredi e i diritti dai rovesci. Insisto per concludere:
da qualche tempo ormai si è avviato un processo di privatizzazione dei beni pubblici. Forse sarebbe l’ora di ripensare a questa tendenza avviando un processo inverso: rendere pubblico il privato, partendo dalle opere dell’ingegno che rappresentano i beni non materiali, ma sono nel contempo un patrimonio ereditabile. Accolgo la proposta di Baraghini riferita agli autori vivi e vegeti che possono decidere di rendere pubbliche le loro opere senza speculazioni.
Si possono fare protocolli d’intesa fra editore e autore in questo senso.
Morbello in molti casi preferì cedere i diritti all’editore accettando una somma in denaro come “pagamento” del suo lavoro.
Fece bene e comunque i familiari di Morbello sono straordinari perché hanno sempre dato la loro disponibilità per far uscire opere che lo ricordassero.
Sta per vedere la luce a breve una monografia proprio su questo autore, curato oltre che dal sottoscritto, da Alessandro Giustarini e Nanni Vergari.
Il Titolo : “Morbello Vergari, scrittore e poeta di Maremma”, lo segnalo.

Corrado Barontini

3 commenti:

Anonimo ha detto...

grande Corrado, con semplicità hai toccato il nocciolo della faccenda; rendere pubblico il privato, le opere di ingegno renderle fruibili a tutti, e non solo ad eredi troppe volte chiusi nel loro personalissimo ricordo e mondo....

Anonimo ha detto...

chi ti ammazza son gli uomini vivi....grande anche lio banchi...

Anonimo ha detto...

la fate facile voi.
vorrei vedervi io al nostro posto...