18 ottobre 2009

Ode a Quisnello Nozzoli

Ode a Quisnello Nozzoli

Quisnello Nozzoli, chi era costui?

Il padre si chiama Martino, la madre Carolina Cambi. Quisnello nasce a Lastra a Signa (Firenze) il nove aprile 1884. Una sorella ha ricevuto il nome di Comunarda in onore dei caduti della Comune di Parigi, un'altra si chiama Egle, un fratello porta il nome di Aldobrando, un altro - che nasce nel 1895 - riceve quello di Artorige.
L'adolescenza di Quisnello è travagliata. A undici anni viene rinchiuso nel Riformatorio di Pisa, più tardi impara il mestiere del calzolaio e si guadagna da vivere, girovagando da un paese all'altro. Come tanti altri ciabattini abbraccia presto le idee anarchiche. Segnalato negli anni seguenti a Milano e a Genova, il sei giugno 1908 subisce una condanna a 33 giorni di carcere da parte del Tribunale di Firenze per oltraggio ai carabinieri e il ventuno luglio viene schedato. Nel Mod. A la Prefettura di Firenze scrive che è soprannominato “Occe”, che ha “espressione fisionomica truce” e che riscuote “cattiva fama per il suo carattere violento e la sua cattiva educazione”.
Non risulta - secondo il funzionario - che “sia ascritto al partito anarchico, ma ne segue e ne professa le idee mostrandosi specialmente antimilitarista. Non ha nessuna influenza nel partito” e in Signa “molti lo fuggono per il suo carattere violento e prepotente”.
Trasferitosi a MASSA MARITTIMA in Maremma verso la fine dell'anno, Quisnello viene vigilato dal delegato di pubblica sicurezza, informato, il diciassette dicembre 1909, dal questore di Firenze che il calzolaio è un “pericoloso anarchico pregiudicato”. Nella cittadina medievale il calzolaio sposa Carolina Sacchetti, poi emigra in Francia, ma il ventotto gennaio dell'11 viene condannato dal Tribunale di Marsiglia a sei mesi di prigione per violenza e, a pena espiata, è espulso e accompagnato alla frontiera italiana.
Arrestato a Genova il ventotto luglio dell'11, torna a Massa Marittima, dove viene assunto nella bottega del ciabattino Giuseppe Azzi, in piazza Garibaldi, ma i rapporti fra il dipendente e il datore di lavoro degenerano rapidamente: Nozzoli malmena l'Azzi e questi lo licenzia. Passato nel laboratorio di un altro calzolaio del posto, il repubblicano Egisto Bisogni, Quisnello torna a Lastra a Signa nell'aprile del '12 e l'anno seguente è protagonista, con un certo Alberto Biagi,monarchico, di una furiosa rissa. Il Biagi ha la peggio e viene gravemente ferito, il Nozzoli, colpito a sua volta, è ricoverato, in stato di fermo o di arresto, nell'ospedale Vespucci di Firenze.
Rimesso in libertà nell'ottobre del '13, Quisnello è di nuovo a Massa Marittima ai primi di dicembre. Ora alloggia e lavora in via Saffi e frequenta assiduamente gli anarchici del posto: Enrico Bianciardi, Ivemero Giani, Giuseppe Gasperi e Natale Boschi, tutti militanti devoti all'idea.
L'anno seguente Nozzoli è il promotore delle proteste, che hanno luogo nel centro minerario, dopo l'eccidio di Ancona che darà vita in Italia alla settimana rossa. L'undici giugno l'anarchico capeggia “una turba di circa cento individui”, che percorrono le vie di Massa, “gridando e imponendo ai negozianti la chiusura” delle botteghe. Poi Quisnello e “la sua spalla forte”, il massetano Italo Targi, cercano - con “atteggiamento minaccioso” - di far chiudere al direttore del Monte dei Paschi, cav. Trabacci, l'istituto bancario, ma il funzionario risponde di no, e i manifestanti se ne vanno, dopo che Nozzoli ha minacciato “che essi scioperanti avrebbero rovesciati i banchi e gettato tutto fuori dalla finestra”.
Colpito il primo agosto da un mandato di cattura, emesso dal pretore di Massa, l'anarchico viene arrestato lo stesso giorno in via Saffi, mentre Targi finisce in carcere il venti agosto. Il “processo verbale di arresto” descrive Nozzoli come un individuo di statura bassa, dal viso largo e i capelli castani, le spalle larghe, la fronte alta, le gambe diritte, i piedi piccoli e le mani callose.
Il sedici settembre il Tribunale penale di Grosseto condanna l'anarchico a sei mesi di carcere e a 500 lire di multa e il Targi a due mesi di reclusione e a duecento lire di multa. I due si appellano, ma, il venticinque novembre, la Corte di secondo grado di Firenze porta la condanna del Nozzoli a due anni e due mesi di reclusione e cento lire di ammenda e quella del Targi a venti mesi. Il quindici gennaio del '15, però, il calzolaio beneficia di un'amnistia, che estingue l'azione penale, e viene rilasciato.
I suoi guai con la giustizia non sono, comunque, finiti: il quindici marzo del '16 è raggiunto da un ordine di cattura della procura di Firenze, perché deve scontare un anno, sette mesi e dieci giorni di reclusione per il ferimento del Biagi. La condanna - emessa dal Tribunale di Firenze - risale al quindici dicembre del '14. Costituitosi il sei novembre, Quisnello sconta la pena, poi, si lancia nella militanza antifascista, il primo marzo del 1921 è coinvolto nei tragici fatti di Empoli: un certo numero di marinai in abiti civili, che sono diretti a Firenze per un'azione di crumiraggio ai danni dei ferrovieri in sciopero, vengono scambiati per squadristi e accolti, a Empoli, da una fitta fucileria, durante la quale otto di loro vengono uccisi. Subito dopo scattano gli arresti e fra le persone, che finiscono in carcere, c'è anche Quisnello, che resta in prigione fino all'assoluzione. Tornato in libertà, l'anarchico lascia la penisola ormai caduta sotto il regime fascista ed emigra clandestinamente in Francia, stabilendosi a Parigi, dove alloggia, dal ventiquattro novembre 1925 al dieci giugno 1926, in un alberguccio di rue du Ruisseau, 92, insieme alla sua nuova compagna, Luisa Senesi, di Castelfiorentino. In questo periodo si fa chiamare “Henri Cartei”, più tardi userà gli pseudonimi di “Enrico Costai”, “Armand” e “Biaizac”.
Per vivere continua a fare il ciabattino, è uomo solido, ha la faccia larga, due baffi alla tartara, è sicuro di sé, ha lo sguardo pungente e ironico, non privo di alterigia. Nei primi anni di esilio Quisnello è favorevole al “movimento garibaldino”, perché è convinto, come Hugo Rolland, Alberto Meschi, Mario Traverso, Enzo Fantozzi ed altri anarchici italiani, che si possa spazzar via la dittatura mussoliniana, invadendo la penisola con una legione di antifascisti adeguatamente armati..
Nei primi mesi del '30 Nozzoli vive a Bruxelles, suscitando, con i suoi comportamenti politici, le preoccupazioni dei fascisti italiani .Secondo alcuni è coinvolto nell'uccisione a revolverate di un prete italiano, spia dell'Ovra fascista, insieme ad un militante antifascista maremmano.
Verso la fine dell'anno Quisnello è segnalato a Parigi, dove talvolta assiste alle riunioni dei socialisti massimalisti, organizzate da Elmo Simoncini e da Siro Burgassi. "Egli risiederebbe - recita una spia dell'Ovra nel febbraio del '31 - al n.3, avenue du bel Aire - Georges Les Gonesse.
Alla fine del '32 Quisnello fa il ciabattino a Parigi, in rue Sevigné, 5, ed è membro di un Comitato, che è sorto per aiutare Rodolfo Finocchi, detto “Bagnoli”, il quale rischia di diventare cieco. Finocchi è un anarchico fiorentino, che, una decina di anni prima, in un teatro di Firenze ha tirato una revolverata in faccia a un caporione fascista, certo "Pascià", sottraendosi poi all'arresto.
Contrario alla nascita di una Federazione anarchica dei profughi italiani, auspicata invece da Camillo Berneri, Nozzoli è persona molto diffidente - la vicenda “garibaldina” lo ha “scottato” - e neppure "Gori, da Pistoia, suo compagno di fede” riesce ad avere da lui l'indirizzo di un non meglio precisato Firmino.
Nell'aprile del '33 i fascisti attribuiscono al repubblicano Silvio Schettini un progetto terroristico: secondo la loro spia Consani, lo Schettini avrebbe chiesto a Quisnello "se il suo gruppo anarchico disponesse di uomini fidati, decisi a tutto e pronti a partecipare ad un'azione in grande stile contro il fascismo".
Nel '35 Nozzoli frequenta ancora i compagni di idee, che risiedono a Parigi, ed è sorvegliato da due spioni: il già citato Consani e il famigerato "Bero". Costoro progettano lo scasso della sua calzoleria per impadronirsi degli elenchi dei compagni, che egli incontra, e dei verbali delle riunioni libertarie, che si tengono nel locale: per realizzare il piano vorrebbero assoldare un noto ladro, ma il Ministero non è d'accordo, perché il rischio di uno scandalo internazionale è troppo grosso a fronte del modesto risultato, che si potrebbe ottenere.
Nell'estate del '35 i fascisti attribuiscono a Quisnello l'intenzione di compiere un “atto pazzesco” contro il regime di Mussolini, poi scrivono che il calzolaio cerca di procurarsi i timbri per fabbricare i passaporti ai compagni, colpiti da misure di espulsione. Il primo dicembre l'anarchico (che usa di nuovo lo pseudonimo di “Occe”) partecipa a una riunione, organizzata da "Giustizia e libertà" nella sala Lancry di Parigi, alla quale sono presenti Carlo Rosselli, Alberto Cianca, Guglielmo Ricci, e molti altri antifascisti, poi, il tredici gennaio del '36 viene arrestato per aver violato il decreto di espulsione, da cui era stato colpito nel lontano 1911, e il ventotto gennaio è condannato a due mesi di carcere.
Scontata la pena, lascia la Francia e si ricongiunge al fratello Artorige, a Barcellona. Nel luglio seguente i fascisti italiani si sforzano di rintracciare il “pericoloso anarchico” nella capitale della Catalogna, ma le ricerche devono essere sospese, perché, il diciassette luglio, i militari si sollevano contro il Governo repubblicano spagnolo e a Barcellona ha luogo una radicale rivoluzione sociale ed economica. Come altri antifascisti italiani, che si sono stabiliti in Catalogna, Quisnello dà il suo contributo all'epica lotta, che si chiude con lo schiacciamento dei rivoltosi e la cattura del generale fascista Goded, e il venti luglio aderisce al Comitato anarchico italiano, che si è formato nella capitale della Catlogna.
In ogni modo Quisnello dà prova di un attivismo persino maggiore di quello di suo fratello Artorige, che nell'ultimo scorcio di luglio gira "per le vie di Barcellona armato di sciabola con cui termina i fascisti e con un fazzoletto rosso e nero attorno al collo ". Interrogato a Firenze il sedici maggio del '41, Artorige dichiarerà che in un caffè, vicino alla sede della F.A.I., "conveniva anche mio fratello Quisnello, il quale si arruolò nelle milizie rosse recandosi al fronte in un reparto di sussistenza quale calzolaio". Quisnello si aggrega infatti alla Colonna anarchica di Antonio Ortiz, che, il venticinque luglio, conquista la città di Caspe e vi insedia il Consiglio di difesa dell'Aragona .
Nelle settimane successive Nozzoli fa la spola tra la Spagna e la Francia per ingaggiare volontari e procurare armi ai miliziani e in settembre è di nuovo a Barcellona, dove combatterebbe nelle file della F.A.I. Il due ottobre la Divisione polizia politica conferma “che il noto anarchico Nozzoli Quisnello, sedicente Cartei Henri, già residente a Parigi, troverebbesi in atto a Barcellona e probabilmente a combattere nelle file della Federazione anarchica iberica contro i nazionalisti” e il venticinque ottobre un confidente scrive da Barcellona che l'anarchico Domenico Ludovici è giunto nella città insieme a Nozzoli: “Quisnello si dichiara anarchico militante trionfante. E' stato espulso dalla Francia ed ora è qua a Barcellona privo di qualsiasi documentazione". Sia Ludovici che Nozzoli - insiste la spia - sono “violenti e pericolosi”.
Il calzolaio rimane in Spagna sino alla fine quindi,dopo un imbarco in Francia, nell'agosto del '39, viene segnalato a Cuba e, infine, nel Messico. Il diciassette dicembre dello stesso anno la Divisione polizia politica scrive che “Quisnello Nozzoli soprannominato “Occe”, avrebbe preferito lasciare la Francia con un convoglio di ex miliziani rossi diretti al Messico, ove attualmente si troverebbe”. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, Nozzoli rientra in Italia e nel '48 abita a Segni (Roma), da dove rinnova, il ventinove febbraio, l'abbonamento a “Umanità nova”, spedendo seicento lire all'amministratore del giornale. Qui pare viva fino alla soglia dei novantanni anarchico impenitente.Muore nel 1973. Presente in varie ricostruzioni storiche di riviste e archivi (www.archiviopinelli.it nel bollettino n 22 possiamo trovare le sue foto segnaletiche ) Dopo esser passato di rivista in libro e di bocca in bocca, in questi giorni la sua leggenda approda anche su facebook.

11 ottobre 2009

Che ingiustizia!

Che ingiustizia

di Alessandra Daniele

silviofacepalm.jpgCome tutti sanno, Silvio Berlusconi ha appena subito una grave ingiustizia. Un grigio consesso di loschi figuri lontani anni luce dagli autentici voleri del popolo, gli ha sottratto ciò che gli spettava di diritto, con una decisione palesemente viziata dal pregiudizio comunista.
Il Nobel per la Pace è stato assegnato a Barack Obama.


La decisione ha sconcertato lo stesso Obama, ben consapevole di non meritarlo, non tanto per via della sua propensione a incrementare le truppe USA in Afghanistan, ma per l'enorme sproporzione fra i suoi crediti, presenti, passati, e futuri, e quelli di Silvio Berlusconi, fin troppi per essere elencati tutti.
Ricordiamo fra i più recenti la riconquista della Libia, sui cui cieli sono tornate a volare le frecce tricolori, e nei cui campi di concentramento sono tornate a morire le faccette nere sgradite al suolo italico.
La riappacificazione fra Russia e Georgia, ottenuta anche grazie ai servigi di un validissimo consulente originario di Riga, inviato a Berlusconi da Putin, in nome della profonda amicizia che lega i due statisti. Quel lèttone di Putin, sul quale l'infame sinistra bigotta, zitella, e comunista, ha laidamente spettegolato falsificando l'accento.
La mediazione fra Usa e Turchia, divenuta oggi contemporaneamente membro dell'Unione Europea, e 51° Stato Unito d'America.
La soluzione del conflitto israelo-palestinese, con la costruzione di Palestina 2 al largo di Israele.
La raccolta, lavorazione, e trasformazione dei rifiuti di Napoli in pasta per la pizza.
La valorizzazione delle rovine de L'Aquila come stupendo set per le riprese tv del riuscitissimo G8.
La ricostruzione dell'Abruzzo con i pezzi del plastico di Cogne.
Silvio Berlusconi non ha dunque soltanto il già immenso merito di aver liberato l'Italia dalla sanguinosa dittatura comunista che l'opprimeva da secoli. Benefattore di proporzioni planetarie, egli è il miglior Presidente del Consiglio degli ultimi 65 milioni di anni.
L'ultimo leader al suo livello di rilievo e carisma è stato il Triceratopo del Cretaceo, oggi purtroppo estinto come tutti gli altri dinosauri, a causa dei comunisti.
Meno male che invece Silvio c'è, e non molla. Combattivo come sempre, s'è già rimesso in corsa per il Nobel del prossimo anno, questa volta per la medicina: la sua campagna contro la pandemia di influenza AAAH!!1!!!1 comincerà col rendere più efficaci gli spot sulla prevenzione, sostituendo Topo Gigio con la sorella bionda.