14 settembre 2007

Festival di Pitigliano; dai nostri inviati

A quando gli egualmente scrittori?

E così se ne è andata anche la Quinta Edizione del Festival di Stampa Alternativa a Pitigliano. Orchestrati dal gran maestro Marcello sono sfilati nei tre giorni di kermesse toscana facce nuove (Marco Salvia, i Noinatimale), facce vecchie (Luciana Bellini, Ettore Bianciardi, Enrico Baraldi), facce prestigiose (John Sinclair), oltre a vecchi e nuovi collaboratori di Baraghini, come Alberto Prunetti, Irene Blundo e Corrado Barontini.

Il Festival è andato bene, come sottolinea uno stanchissimo Marcello sul sito di Stampa Alternativa, parlando di 200 o 300 persone che hanno assistito ai tanti eventi, oltre a ben 13 libri nuovi, pubblicati per l'occasione. Rimane sempre una occasione fantastica per incontrare vecchi amici, per trovarne magari di nuovi, per immergersi per qualche ora in un paesaggio da sogno, magari assaggiando la zuppa di Luciana che risolleva il morale e cura gli affanni. Certo si affrontano temi magari dimenticati da altre grandi realtà, come la psichiatria, si incontra un certo modo di intendere la Maremma, si ascolta un sopravvissuto agli anni Sessanta come John Sinclair; è fantastico vedere Ettore Bianciardi, con la maglietta fatta apposta da lui per l'occasione, che vende ad un centesimo dei libricini (anzi, ve li dà, dicendo che poi lo pagherete, quando e se avrete venduto i libri, fa niente se si tratta di due euro), chiamati bianciardini, cercando di propagandare l'opera di suo padre, e la cultura in generale; apre sempre il cuore sentire Luciana raccontare della sua terra (stavolta è stata la volta del billo, un'oca che sembrava umana, e che lei non ha avuto il cuore di uccidere per mangiare, lo ha fatto per lei una volpe): il bilancio alla fine è sempre positivo, senza dubbio.

I dubbi, semmai, riguardano altri aspetti, e cioè la visione generale del Festival, della letteratura e, forse, della vita intera che si intravede ogni tanto sotto il cielo azzurro di Pitigliano, fra una zuppa toscana e un buon bicchier di vino. Perché considerare quelli che sono venuti qui come ospiti degli scrittori "diversi"? Solo perché hanno pubblicato per Stampa Alternativa? O perché sono intrinsecamente diversi? Perché, mi chiedo, non aprire il Festival anche agli scrittori delle altre case editrici, per un confronto che non può che essere positivo? Senza inseguire Mantova o altri Festival ricchi e prestigiosi, non ci piove. Ma cercando di sdoganare Pitigliano dall'essere "sempre e comunque" contro, come se esserlo possa costituire un valore di per sé: esistono migliaia di scrittori validi, e di libri immortali, mai pubblicati da Stampa Alternativa, non dimentichiamolo.

E se ormai la strada tende troppo spesso alle furbette Melisse P, è vero che un libro di valore rimane tale anche in tempi bui come i nostri: perché non importare libri e, magari, cercare di esportare i talenti della scuderia di Baraghini, invece di limitarli in questo steccato, magari provincialmente orgoglioso, ma pur sempre molto stretto per gente che ha molte cose da dire anche fuori dal Magazzino di Marcello?

Meglio 300 spettatori che migliaia, l'importante è che siano buoni mi va bene (anche pensando che io sono fra questi, ovviamente.). Mi convince meno l'evitare il confronto con i colleghi più illustri, editori e scrittori (sempre che vengano, naturalmente), magari con altri modi di pensare, e/o con discussioni e convegni a livello internazionale: se a Mantova viene Jonathan Coe, che sarà anche pubblicato e distribuito da Feltrinelli, ma hascritto alcuni libri davvero notevoli, perché insistere a sparare sul restodel mondo?

Tanto qui sempre 300 saremo, anche negli anni bui, come alle Termopili.

Quindi, caro Marcello, l'invito per l'anno prossimo estendilo anche ad autori "egualmente diversi", fai in modo che anche loro sorridano vedendo le facce di Ettore, e ascoltino incantati Luciana che parla dei suoi animali come fossero parenti, e tu che te la prendi con la Fondazione Bianciardi, mettendo il solito vecchio disco, che a volte sembra rotto, ma che ci strappa ancora un sorriso o una smorfia di indignazione, a seconda dei momenti.

Che il sesto Festival possa passare alla storia baraghiniana come quello delle "voci degli altri": ecco l'augurio per il 2008. Sperando che nel frattempo i nostri "diversamente scrittori" continuino a mandare avanti la baracca, che serve sempre qualcuno da contrapporre ai barbari invasori.

Alessandro Tozzi



Festival di Pitigliano, 2007. Tra controculture e culture contadine, con l'ospite John Sinclair (ex manager della band rock MC5, ex White Panther Party, oggi deejay, poeta e performer musicale) e una scorribanda di vecchi compagni di strada, tra cui l'inossidabile scrittrice maremmana Luciana Bellini. Lo sfondo: lo sperone di tufo su cui si appoggia Pitigliano e la vecchia scuola dell'Elmo riconvertita in circolino, in piena campagna.
Purtroppo quest'anno ho visto solo mezzo festival, perché gli impegni mi spingevano altrove. Rimane il ricordo di una notte di convivialità splendida e farneticante, un gruppo di rovesciati rimasti a guardare le stelle assieme all'ex (sedicente) primo ministro delle Pantere Bianche, che mi ha proclamato suo word-master (signore della parola: per i profani, sono il suo traduttore italiano) prima di collassare su un tavolino di formica dell'Arci. L'occasione per incontrare amici vecchi e nuovi, come Vito Laterza, appena tornato dallo Swaziland, rimbalzato a Londra e venuto a calcare il suolo vulcanico di Pitigliano, con novità sull'antropologo David Graber, esule negli UK dopo esser stato licenziato da Yale per un libro che ho tradotto qualche tempo fa.
Insomma, una notte di raccordo di storie e vite diverse, di complicità che si rinsaldano in questo meraviglioso baraccone messo in piedi da Marcello Baraghini, e che si ripresenta d'incanto ogni anno.
Forse c'è bisogno di rivedere qualcosa. Dai primi anni il pubblico si è ristretto agli afecionados. La proposta del Tozzi, di includere il festival anche ad autori di altre case editrici, forse può rilanciare l'astronave dei pirati di Pitigliano verso nuove territori. Sempre ovviamente che i nuovi ospiti siano disposti a dimenticarsi librerie e biblioteche per perdersi in una Maremma che non ci parla di vini doc e memorie di butteri. Che assomiglia a un fumetto di Crumb, almeno per una notte.

Alberto Prunetti