19 settembre 2006

L'autunno italico

Il Papa sull’Islam, Prodi su telecom, Guido Rossi e Moggi sul mondo del calcio. E potremmo continuare. Ognuno a modo suo, è un momento di esternazioni, a volte mascherate, altre ben più evidenti e roboanti. Sarà la morte della Fallaci, regina degli esternatori, ma questo rientro dalle vacanze è segnato da polemiche, più o meno roventi (o Rovati, nel caso Telecom), più o meno interessanti, più o meno risolvibili. Quelle sul calcio sono di certo le più stupide, anche se in un settore che è il quinto per fatturato nel paese, ed è quindi difficile scherzarci sopra. In un Italia dove Novantesimo Minuto, e i suoi succedanei, sono pur sempre uno dei programmi più visti del palinsesto. Moggi accusa, altri si ribellano, Guido Rossi va in telecom ma vorrebbe rimanere, forse gli fanno capire che non è il caso e lui si incazza, saluta e se ne va. Come i bambini. Tutto bene, se non fosse che i bambini non fatturano come Guido Rossi e i suoi, che avranno le loro ragioni, ma che forse qualche errore l’hanno commesso: lasciare a giudicare Carraro e i suoi gli stessi giudici nominati da Carraro, è una delle pantomime più incredibili di chi arrivando sosteneva di voler cambiare tutto. Prodi, nel frattempo, si incazza alla notizia che forse Tronchetti Provera, deluso da Adriano e Mancio, vuole cedere Tim, inclusi tutti gli spot della Canalis vedova di Vieri. Ma come, senza nemmeno dirmelo? Il giorno dopo, come è ovvio, sbuca che il suo consigliere economico, ex Presidente della Lega Basket (ma questo è il camaleontismo italico, nessun problema), aveva fatto un piano di riassetto economico seduto sulla tazza del cesso, e tanto per gradire l’aveva dato ai vertici Telecom. Ma tutto a nome suo, senza che il Premier sapesse. Figura (e puzza) di merda, ma anche inutile a ben vedere: che tipo di impatto ha un piano che tre giorni dopo il Presidente di Telecom disattende, dicendo di voler vendere il pezzo pregiato (che non è solo Ibrahimovic, beninteso)? Le polemiche impazzano, il mitico Berlusconi arriva a chiedere le dimissioni di Prodi, sulla base che non poteva non sapere: sì, ma cosa, ci si chiede? Che il suo consigliere economico aveva fatto a capocchia un piano girato a Tronchetti, che l’aveva cagato dopo tre giorni? Tronchetti, sperando che Mancini faccia lo stesso, si dimette, per dare il buon esempio. Breve giro di mercato per capire chi è libero, ma Santoro si è (ri)piazzato in Rai, Trapattoni è al Salisburgo, Fiorello venerdì fa uno spettacolo al Palaeur per il Consiglio Nazionale Forense, Previti agli arresti domiciliari è diventato coordinatore romano di Forza Italia, insomma di persone libere e competenti sul mercato per guidare la Telecom non ce n’è. E allora c’è Guido Rossi, presidente onorario della Figc, 75 anni di incarichi importanti, roba che l’anno prossimo si libera la presidenza Onu e io un pensierino ce lo farei, magari vince i Mondiali anche con l’Onu. Rossi accetta, ci mancherebbe, ma parla di doppio incarico, le parcelle si sommano, mica c’è divieto in questo senso, guardate Maurizio Costanzo che da anni fa 34 cose insieme. Prodi allora pare abbia detto che anche lui vuole fare il premier, il prete e il professore universitario insieme, ma non gliel’hanno fatto fare, c’è incompatibilità. E allora Guido Rossi scelga, se è così, o tutti o nessuno. E Rossi sceglie, che gli frega della Figc, ormai poi un Mondiale l’ha anche vinto, e per gli Europei 2008 tira già un’ariaccia. La stessa che tira per il Papa che, in casa propria, si fa prendere la mano in un discorso, e in maniera molto elegante e colta, ma stranamente intesa da tutti, parla male dell’Islam. Putiferio e tragedia, come si permette il Papa, il nostro pastore tedesco? Ma quello è una pellaccia, è stato anche Ss da giovane, mica boy scout. Metteremo a ferro e fuoco il Vaticano, minaccia l’Islam. Esagerando. Basterebbe uccidere il Papa, che c’entra mò il Vaticano, che ti ha fatto la Cappella Sistina? Prendetevela col tedesco, no, ognuno si assuma le sue responsabilità: se Mancini domani perde a Roma vada pure in udienza dal Papa, e si immolino insieme per il bene di tutti. Ma Moggi rilancia: la cupola non ero io, non voglio che l’Islam possa incazzarsi con me, la Agea in Arabia non c’è arrivata mai, io sono una vittima come tutti gli italiani. La colpa è del buco della Sinistra, pare che abbia anche aggiunto, senza che si capisse se era il buco economico, o quello lasciato dal povero Pessotto sulla fascia. O forse di Cassano, che con i suoi numeri poteva fare qualcosa di meglio di quello che ha fatto. O anche di Totti che rifiuta la Nazionale, e Mastella che firma l’indulto e gli autografi alle sue feste di piazza. Basta che non sia colpa mia, la colpa è di chi ha aizzato gli islamici del calcio. Ma il Papa non ha mai parlato male degli arbitri, solo dei muezzin in giro per il mondo. Alla fine del giro di consultazioni Guido Rossi passa in Telecom, il Papa sulla panchina dell’Inter, Tronchetti in Figc, Mancini consigliere economico di Mastella, Prodi a Piazza San Pietro: può solo andar meglio. Speriamo.

15 settembre 2006

Quando gli emigrati erano anarchici e socialisti

Quando gli emigrati erano anarchici e socialisti

L'adolescente che amò la belva


Si è spenta a 93 anni America Scarfò, fidanzata clandestina di Severino Di Giovanni, leggendario anarchico italiano fucilato a Buenos Aires negli anni '30. Una storia d'amore fra emigranti più forte anche delle passioni politiche


America Josefina Scarfò, detta Fina, è morta a Buenos Aires il 26 agosto scorso. Aveva 93 anni. Nel suo nome, America, sono raccolte le speranze dei suoi genitori, una famiglia di calabresi emigrati in Argentina. Sono gli anni '20 del secolo scorso e gli italiani si trasferiscono in massa nel paese australe, che ha aperto le porte all'emigrazione: servono inglesi, tedeschi, nordeuropei che stemperino la pelle dei creoli. Invece arrivano italiani e spagnoli. Non portano solo la pelle olivastra e i capelli neri, ma diffondono anche il seme dell'anarchia e del socialismo. Su cin que milioni e mezzo di immigrati arrivati in Argentina entro gli anni '30 del Novecento, la metà sono italiani.
Tra questi c'è un maestro elementare nato a Chieti nel 1901, scappato al fascismo e arrivato nella città rioplatense nel 1923 con moglie e figli: si chiama Severino Di Giovanni.

Amore e rivolta

La polizia si accorge di lui il giorno in cui lancia dagli spalti del teatro Colòn di Buenos Aires un volantino inneggiante a Matteotti. «Abbasso il fascismo!», urla quel giovane di fronte all'ambasciatore italiano. La polizia argentina lo ferma e i miliziani fascisti lo prendono a pugni.
America si accorge di lui uscendo dalla casa dei suoi genitori. Lei ha quattordici anni e due fratelli anarchici, Paulino e Alejandro. Suo padre accetta di affittare a Di Giovanni un appartamento costruito a lato della propria abitazione. Severino esce presto la mattina per andare a lavorare in tipografia, America esce di casa per andare a scuola, e i due si incontrano sulle scale. Così inizia la storia dell'amore tra questa adolescente e un italiano che diventerà presto l'uomo più ricercato dalla polizia argentina.

Severino Di Giovanni diventa in breve la figura di rilievo dell'anarchismo espropriatore argentino. Circondato da esuli antifascisti, fonda il giornale in lingua italiana Il Culmine e inizia una campagna di attentati contro le strutture del fascismo a Buenos Aires. Colpisce con attentati esplosivi il consolato italiano e la sede della National City Bank. Realizza anche una serie di rapine per finanziare i suoi progetti editoriali.

Ma l'uomo che di giorno stampa volantini incendiari in difesa di Sacco e Vanzetti e di notte prepara congegni esplosivi non può fare a meno di arrossire quando incontra quell'adolescente sulle scale. E' imbarazzato, perché sente nascere l'amore; sente il peso della famiglia, lui che è italiano, che ha moglie e figli. Eppure gli anarchici propugnano il libero amore. Così ogni giorno, come un ragazzino alla prima cotta, si mette davanti alle porte del collegio per ragazze frequentato da America. L'aspetta all'uscita della scuola e l'accompagna a casa.
«Lui mi parlava in italiano, e io rispondevo in castigliano...». America ricorderà così quelle passeggiate. Arrivati a pochi passi da casa i due si separano, affinché il padre di America e la moglie di Severino non intuiscano quello che sta accadendo. «Ti voglio bene, si dichiarò così in italiano», ricorderà America. «Yo también, gli rispondevo io in castigliano».
Quest'uomo di quasi trent'anni, che presto la stampa argentina descriverà come una belva sanguinaria, camminerà mano nella mano con una adolescente, lungo i viali dei parchi di Buenos Aires.
Presto Severino sarà costretto alla latitanza, e non potrà più aspettare America. «A volte veniva al collegio, ma altre volte non poteva, perché era pericoloso. Allora mi scriveva, anche tre lettere al giorno». Severino manda le lettere attraverso altri anarchici che fanno da intermediari, convinti che quelle lettere siano parte di importanti progetti politici. «Io gli scrivevo, e lui leggeva le mie lettere e poi le distruggeva, perché diceva che era pericoloso, che la polizia poteva trovarle. E che io dovevo fare lo stesso. Ma io non l'ho fatto. Erano così belle... distruggerle, no, de ninguna manera».
«Mia amica. Ho la febbre in tutto il corpo. Il tuo contatto mi ha riempito di tutte le dolcezze. Mai come in questi lunghissimi giorni, ho tanto centellinato i sorsi della vita». Stentava con lo spagnolo e preferiva scrivere in italiano: «Vorrei potermi esprimere sempre nel tuo idioma per cantarti ogni attimo del tempo la dolce canzone dell'anima mia, farti comprendere i palpiti che percuotono fortemente il cuore ». Per America invece leggere in italiano era più faticoso. Eppure quella fatica doveva risultarle piacevole, se Severino scriveva: «mi contento nel sapere che per comprendere queste linee debbono essere rilette più di una volta da te». E ancora: «Rendimi duplicato il mio bene che ti voglio. Sappi che ti penso sempre, sempre, sempre. Sei l'angelo celestiale che mi accompagna in tutte le ore tristi e liete di questa mia vita refrattaria e ribelle».
Ricercato dalla polizia, Severino Di Giovanni incontra sempre più difficoltà per fissare gli appuntamenti d'amore. Sono anni in cui una adolescente può uscire di casa solo per andarsene a scuola, a meno che non abbia un fidanzato ufficiale, riconosciuto dalla famiglia. Ed è appunto questa l'idea clamorosa di Severino, abile a congegnare piani.

Il «colpo» di America

Il gruppo di espropriatori che si raccoglie intorno a Di Giovanni dovrà fare un «colpo» diverso dal solito. Bisogna portar via America di casa, senza che i suoi genitori e la moglie di Severino possano intuire niente. Si decide di utilizzare Silvio Astolfi, un giovane anarchico italiano, esperto autista della banda. America presenterà Silvio in famiglia come fidanzato. I due potranno passeggiare intorno casa, e Astolfi le porterà le lettere di Severino. Però Astolfi dovrà fingere di avere un lavoro regolare per ottenere l'assenso degli Scarfò, e soprattutto non dovrà prendersi libertà con America.
Il piano funziona. Si farà il fidanzamento ufficiale a breve. I genitori di America non hanno dubbi e neanche Teresa, la moglie di Severino. Si celebrano le nozze civili e America e Silvio partono in luna di miele verso una meta lontana, in treno. Ma alla prima stazione scendono dalla carrozza. Li aspetta Severino Di Giovanni con duecento rose rosse. America e Severino vanno finalmente a vivere assieme.

La loro convivenza è breve. Il gruppo di Severino - che include anche due fratelli di America, Paulino e Alejandro - continua a rapinare banche e a colpire i simboli del fascismo italiano, ma intanto i suoi amici cadono uno a uno.

Il 29 di gennaio del 1931 la tipografia di Severino è circondata dalla polizia. Inizia una fuga rocambolesca sui tetti di Buenos Aires. Loro sparano 500 colpi, lui cinque. Il sesto lo punta contro il proprio petto. Eppure quel colpo non lo ammazza. Lo portano all'ospedale, lo ricuciono e lo sbattono in carcere. Gli fanno un processo sommario e lo condannano a morte.
America è ancora un'adolescente, viene arrestata e poi rimessa in libertà. Le confiscano però le lettere di Severino. Le autorità concedono a Severino di abbracciarla un'ultima volta. Severino le chiede di essere forte e di sposarsi con qualche compagno. Poi al secondino chiede un caffè, molto dolce, come ultimo desiderio. Glielo danno, ma non è dolce abbastanza. «Avevo detto dolce, molto dolce. Pazienza, sarà per la prossima volta». Il plotone d'esecuzione viene allestito rapidamente, e toglierà ad America prima Severino e poi il fratello Paulino.

Le carte e il portacenere

Passano gli anni. America si sposa con un compagno, si laurea in letteratura italiana e inizia a insegnare italiano. Fonda una casa editrice libertaria e nel 1951 fa un viaggio nel paese dei suoi antenati. Raggiunge Chieti, prova a contattare i famigliari di Severino, ma trova solo silenzio e oblio.
Alla fine degli anni '60 uno storico, Osvaldo Bayer, inizia a spulciare archivi e intervistare vecchi protagonisti delle lotte degli anni '20. Il libro di Bayer, Severino Di Giovanni, riscatta la figura di Severino, ma la dittatura militare proibisce la riedizione del testo. Con la fine della dittatura Osvaldo Bayer e America si incontrano. Parlano di quelle lettere d'amore, che lui ricorda di aver visto tra le carte degli archivi. «Le mie lettere», dice America. Siamo nell'era di Menem, e Bayer riesce a ritrovare quelle lettere sequestrate: sono nel Museo della Polizia.
Prima di morire America vuole tornare a leggere le parole di Severino, e non vuole una fotocopia, ma l'originale. Solo il ministro dell'Interno può darle il permesso, secondo la normativa degli archivi argentini. Il ministro riceve Osvaldo e America, dice che farà il possibile. Dopo alcuni giorni i due sono convocati dal capo della polizia, che li ascolta con forzata benevolenza. «Lei mi chiede qualcosa che appartiene alla Policía Federal. Guardi», e prende un portacenere, «qui sopra c'è scritto 'Policía Federal'. Se lei mi chiede questo portacenere, io devo dire di no, perché non appartiene né a me né a nessun altro: appartiene alla polizia». Bayer insiste: «Però non si tratta di un portacenere, ma di lettere d'amore». Il funzionario torna a indicare il posacenere con gesto trionfale: «Sì, ma entrambi appartengono alla Policía Federal». «No, sono lettere d'amore che sono state scritte per me. Sono mie», dice quella donna anziana, con gli occhi neri e i capelli color neve.
America ha riavuto le sue lettere scritte in italiano, la lingua che parlavano i suoi fratelli anarchici fucilati e il suo amante. È sopravvissuta alla loro morte, è sopravvissuta a tante fucilazioni, a dittatura e repressione. L'ironia però non l'ha mai abbandonata. A chi le chiedeva se avesse mai avuto rimpianti, rispondeva che un rimpianto ce l'aveva: «Di esser stata fidanzata con un tal Astolfi, e che in tanti mesi di fidanzamento lui non mi ha mai dato un bacio». Adesso se n'è andata. Le sue ceneri sono state disperse in un piccolo giardino di proprietà della Federación Libertaria di Buenos Aires. Bayer si è impegnato ad andare ogni mese a leggere in quel giardino una lettera di Severino a America.

Alberto Prunetti
il manifesto 13.09.06

11 settembre 2006

Festival di Pitigliano; beate incertezze

Beati costruttori di incertezze


Era questo il titolo scelto da Marcello Baraghini per il Festival di Stampa Alternativa 2006, arrivato alla IV edizione, ormai un appuntamento fisso per chi segue da vicino la produzione della casa editrice viterbese, arrivata al 35mo anno di vita. A Pitigliano nel Magazzino di Stampa Alternativa in questi giorni ne sono arrivati diversi di costruttori di incertezze, un po' da tutto il mondo, seguendo le tracce di Marcello e della sua lettera 22: dagli americani Giorno e Sinclair, agli italianissimi Bellini, Feo, Blundo, Lo Giudice. Creando un effetto paradossale, cioè quello di fare della somma di incertezze un'unica indistruttibile certezza: c'è ancora spazio per fare letteratura in un certo modo. Per essere non solo apoditticamente "contro", ma anche propositivi nel portare avanti idee che possano germogliare, nella speranza che quelle che vengono da lontano possano arrivare anche più lontano. Non ce ne vogliano i due mitici scrittori venuti dall'America, ma ancora una volta simbolo del Festival di Pitigliano è Luciana Bellini, la scrittrice contadina come Marcello all'inizio la definì, anche se a questa sua pantomima non crede più nessuno: ci sono scrittori-geometri, scrittori-disoccupati, scrittori-veline, ma quel che conta è l'essere tutti (magari chi più chi meno, ma dipende dai contenuti) scrittori. Sabato mattina è stata presentata la sua ultima fatica letteraria, "Detti e ridetti", che come sottotitolo ha "grammatica popolare". Un libro che raccoglie, con grande attenzione e dovizia, una lunga serie di modi di dire maremmani, e che può diventare una specie di "frasario" ideale di un mondo
che, volente o nolente, sta andando a scomparire, purtroppo insieme al suo linguaggio di riferimento. Una testimonianza viva, spesso resa in forma di vere e proprie frasi più che pensieri, e per chi la conosce è immediata la sensazione di avere Luciana lì davanti a te mentre la dice, con quella sua aria a metà fra Sbirulino e Zarathustra (questo accostamento lo feci in un'altra occasione, e a distanza di tempo credo sia sempre più azzeccato). Forse perché al giorno d'oggi solo Sbirulino può essere anche Zarahustra, o forse perché ci da maggior piacere e ci rassicura anche un po' che certe cose "serie" vengano dette da Sbirulino, Luciana credo sia una delle poche persone nell'ambito della letteratura italiana, e forse mondiale, libera da condizionamenti e vezzi di ogni tipo, che può rifiutare interviste alle tv private perché si vergogna e poi con la stessa faccia tirare un moccolo tutto intero durante la presentazione. In un mondo in cui speriamo siano beati i costruttori di incertezze, o quelli che si credono tali, Luciana è
ancora più beata in quanto dispensatrice di certezze, tutte legate al suo mondo di riferimento, bello o brutto che sia; alla sua cultura popolare e alla terra maremmana; alla sua instancabile voglia di mettersi lì, anche ora che è nonna, e raccontare questo mondo così come lo vede, come sa fare. Accanto a lei sull'improvvisato palco, alla presentazione, Antonello Ricci e Alberto Prunetti, due amici prima di tutto, che ridendo si sono divertiti a parlare del libro e della sua genesi, dei problemi (alcuni irrisolti, ma forse irrisolvibili) che ha posto all'autrice, del mondo di Luciana, per certi versi favoloso e magico come quello di Amelie. Un tipo di mondo che, con tutta la buona volontà e la bravura di questa terra, certo non ci possono raccontare Giorno e Sinclair, probabilmente bravissimi a dipanare incertezze in quello che è in fondo il comune mondo di riferimento, incertezze che peraltro molti di noi già hanno tutte le mattine al risveglio
e si portano dietro per tutta la giornata; incertezze che vanno mescolate a certezze per tirare avanti, col pilota automatico, quando le cose attorno a noi vanno un po' peggio. Forse è per questo che tutti gli anni torniamo a Pitigliano, oltre che per ritrovare gli amici e cercare di continuare ad amare la letteratura: per (ri)scoprire che siamo destinati ad alternare
certezze ed incertezze, in egual misura, senza soluzione di continuità. Anche per apprezzare le une e le altre, a seconda dei tempi, dei modi e delle stagioni. Ci pensi Marcello Baraghini per il 2007: l'anno prossimo, a Pitigliano per il Festival, al quale torneremo senz'altro, abbiamo bisogno anche di certezze. Oltre a Luciana, ovviamente.

Alessandro Tozzi


Nella suggestiva cornice di Pitigliano si è chiusa con notevole successo di pubblico la quarta edizione del Festival di Letteratura Resistente organizzato dalla casa editrice Stampa Alternativa. Sarà bene ricordare che Stampa Alternativa, casa editrice di rilievo nazionale, ha sede a Viterbo ed è attiva da anni con iniziative di rilievo sia sul territorio viterbese che su quello maremmano.

Per questa edizione 2006, accanto a presenze di rilievo internazionale (gli statunitensi John Giorno e John Sinclair) andrà senz’altro segnalato il pirotecnico incontro di domenica mattina dedicato a Luciano Bianciardi. Incontro al quale, insieme con la giornalista Irene Blundo e Corrado Barontini, ha partecipato lo scrittore viterbese Antonello Ricci, curatore proprio per Stampa Alternativa della recente riedizione del libro di Mario Terrosi, Bianciardi com’era, lettere a un amico grossetano. Tale libro è attualmente bloccato nei magazzini della casa editrice per il drastico veto di una degli eredi-Bianciardi, la figlia Luciana.

Domenica nel corso di un acceso dibattito è intervenuto a sorpresa dal pubblico Ettore Bianciardi, figlio dello scrittore grossetano e fratello maggiore di Luciana. Ettore, oltre a prendere le distanze dalla censura della sorella ha servito su un piatto d’argento a Marcello Baraghini (Mr. Stampalternativa) l’idea di riproporre in volume gli straordinari pezzi di costume che Luciano Bianciardi pubblicò all’inizio degli anni ’70 sulle colonne del Guerin Sportivo. Baraghini non ci ha pensato due volte. Incassato il sì dell’editore, Ettore Bianciardi ha letto alcuni brani suscitando risate e applausi a scena aperta da parte del folto pubblico presente. Baraghini e Bianciardi hanno poi proseguito con un duetto-requisitoria sulla grossetana Fondazione Bianciardi e sulle polemiche che ne hanno travolto i vertici nel corso dell’estate. I due si sono salutati col reciproco impegno di dar presto vita ad un’antiFondazione che possa rilanciare l’interesse per il narratore grossetano presso un più vasto pubblico.


Antonello Ricci



07 settembre 2006

il Fondo e Luciana Bellini al festival di Pitigliano

Massa Marittima 7 settembre 2006
Lettera al quarto festival della letteratura resistente di Pitigliano
Cara Luciana, caro Marcello, anzitutto perdonate l' intoppo, avrei voluto anche quest'anno essere qui di persona per abbracciarvi meglio e godermi Giorno, Sinclair e compagnia ma, MAREMMA CANE, sono costretto da un lavoro improvviso alla lontananza, scusatemi, che le mie tasche sono vuote e SETTEMBRE ASCIUGA LE FONTI, si sa.
Antonello ed Alberto penseranno molto più degnamente di me a presentare questo libro così bello e colmo di una lingua che si rotola tra noi come dei cinghiali nella macchia!
Due parole però le voglio dire che un sia mai che Luciana si impuzzolisca e mi dia del BISCHERO SCIOLTO!
Abbiamo conosciuto Luciana Bellini quattro anni fa, in una osteria, ad una serata organizzata da noi e Marcello per presentare i suoi libri di allora. Quando dico noi intendo la nostra associazione IL FONDO, che ha anche un sito molto denso, andatelo a vedere www.associazioneilfondo.it, che almeno capite la storia molto maremmana, i libri editi, le avventure e le sventure, i premi e le legnate,che all'inizio eravamo intitolati a DANIELE BOCCARDI che come LUCIANO BIANCIARDI è nato a Grosseto ed è morto troppo presto, che come lui ha detto cose scomode, tanto che riesce ancora a suscitar problemi non da poco con gli eredi come Bianciardi. Una storia dentro ad una storia, se volete Antonello vi spiegherà ancor di più estesamente, a me ancora certe brutture del genere umano bruciano. Dicevo della serata in cui è nata l'amicizia; ne son seguite diverse di presentazioni e banchetti, tutti memorabili, libri e tortelli, discussioni e veglie. Dall'amicizia e corrispondenza epistolare con Luciana è nato persino un libriccino millelire, " Bellini queste lettere! Lettere di Luciana Bellini agli amici" edito chiaramente da Stampa Alternativa, librino che vi consiglio caldamente ad integrare i libri che prenderete stamani, se volete capire meglio il personaggio Luciana, ribelle e irridente, cittina e grande, generosa e fantasiosa.Insomma, un euro speso bene, non fate LE CALIE. Il bello è che Luciana lo dice a Marcello; editore all'incontrario! No, perchè lei.....CHI SI SOMIGLIA SI PIGLIA, e la Bellini oltre che una bastian contraria è una scrittrice all' incontrario, che pesca nei cassetti i quadernini zeppi di scrittura minuta in base al colore delle copertine, oppure FACENDOSI UNA BELLA FRUSTA PE IL SU CULO, ricopiando quelli che pensava già pronti, per darli alla svelta all'editore all'incontrario, tranne poi accorgersi di infilarsi in un ginepraio, COGLIONI MONACHE!
Così gli è toccato giocà con le parole per altri due anni, soffià indispettita che Marcello aspettava. Intanto noi carogne a sbircià in cataste di fogli, mentre si faceva merenda e, guarda caso, ci veniva incontro il detto EH CERTO IL PRESCIUTTO E' IL PRESCIUTTO ! Poi naturalmente Luciana ottiene l'effetto contrario di quello auspicato; credeva di fare un libriccino di detti senza pretese, ne è uscita una grammatica popolare vera, ed allo stesso tempo una testimonianza viva della civiltà contadina e della sua lingua. Cara Luciana, ti auguro cento di queste avventure donchisciottesche, anche se a te toccherà di certo far Sancho Panza che Marcello pole fà solo Don Chisciotte che secco com'è a vedello PARE DI METTE LA PELLE AD UN BASTONE. Te continua a pescare i quadernini, che tramutati in libri a noi ci mettono davvero di buon umore e ci ridanno financo il sorriso, CHE POI SI SCODINZOLA COME I CANI. Oh, intendiamoci, cagnacci maremmani, con antenati dal pedigree brutale, brutti, ' gnoranti, più forti della malaria e duri come lecci, generosi e libertari,senza collare, e mordaci, sempre! Qualcosa di questi caratteri ci rimane addosso, se anche oggi ci ritroviamo qui, senza sponsor e fanfare, caparbi, resistenti e innamorati della scrittura e delle storie. Sì, E' PROPRIO VERO CHE L'AMORE E' CIECO!
Qui al magazzino di Pitigliano che come scrive Luciana " c'è tanti scrittori di passaggio, nel senso che sono scrittori all'acqua di rose come me. Ci sò quelli veri, c'è anche lì, un mondo a conto suo, però è un mondo che riconosco. Sarà che alla fine si mangia il cacio e la panzanella di Federica, si beve il vino di Fabrizio, si dà un bacino a Pietro e Alberto che, qualcuno ha mai visto giocare e andare avanti e indietro i cittini dentro le librerie, e alle presentazioni ufficiali?! Qui da Marcello si può, e io che sò sempre stata una cittina che il guinzaglio un mi garbava, mi ci trovo tanto, ma proprio tanto bene. "
Grazie di cuore Luciana, grazie Marcello, faccio da qua un brindisi col vino bono ai 35 anni stupefacenti e resistenti di Stampa Alternativa. Ti ricordi? Avevo 15 anni e ti mandai 500 lire in una busta per chiederti il manuale per andare in India e te invece, visto che vivevo in campagna, mi mandasti quello per coltivare la Maria. A distanza di tanti anni la Maria non la coltivo più, ma la libertà sì, continuamente, che hai seminato bene Marcello, editore all'incontrario, cane da penna di storie e scrittrici incredibili come Luciana Bellini.
Un abbraccio forte a tutti
Stefano Pacini per l'Associazione culturale il Fondo

03 settembre 2006

festival letteratura resistente

"Beati Costruttori di Incertezze”
IV Festival Internazionale della Letteratura Resistente
Pitigliano e Elmo di Sorano
venerdì 8, sabato 9 e domenica 10 settembre

Marcello Baraghini è l’ideatore e organizzatore del ‘Festival Internazionale della Letteratura Resistente’ che quest¹anno, alla sua quarta edizione, è anche l’occasione per festeggiare i primi 35 stupefacenti anni di attività editoriale di Stampa Alternativa; attività che più di ogni altra si è impegnata e si impegna a smantellare certezze precostituite: da qui il provocatorio titolo di questa IV edizione del Festival.
Si festeggia insieme a ospiti d’onore come
John Giorno, che terrà un reading delle sue poesie mai edite prima in Italia ­ tratte dal nostro fresco di stampa La saggezza delle streghe (curatore Jonny Costantino, traduttore Domenico Brancale), e John Sinclair, che suonerà (accompagnato dal chitarrista Mark Ritsema) e leggerà brani dalla sua prima opera pubblicata in Italia, Va tutto bene, una raccolta di articoli, poesie, pensieri (tradotti da Alberto Prunetti), edita per l’occasione e curata da Matteo Guarnaccia, anche lui presente al Festival con le sue ultime invenzioni. Chiude il Festival il primo gruppo musicale ecologico italiano, NoiNatiMale, insieme a molti altri musicisti.

John Giorno, poeta newyorkese, classe 1936, fin dai primi anni Sessanta piomba sulla scena artistica come personaggio trasversale. Se nel 1965 compone la sua prima opera poetica, The American Book of the Dead, in gran parte confluita nel libro Poems by John Giorno 1967), già nel1963 era stato la superstar dormiente di Sleep, il film d’esordio di Andy Warhol. Non solo poeta e performer, Giorno è stato ed è autore di video e installazioni, nonché fautore di eventi culturali, insomma un grande catalizzatore di energie creative; basti ricordare che nel1969 ha realizzato “Dial-A-Poem”, originale sistema di comunicazione telefonica che consentiva alla gente comune di dialogare al telefono con artisti della Beat Generation, e che nel1972 ha fondato il “Giorno Poetry System”, una macchina di poesia e musica che ha finora prodotto oltre una quarantina di dischi e video.
Scomparse le icone della Beat Generation Kerouac, Ginsberg, Corso, Burroughs a impedire che diventassero fantasmi buoni solo a essere consumati da scrittori e sociologi ci ha pensato John Giorno, il più giovane affiliato del gruppo.

John Sinclair, agitatore culturale americano e poeta beatnik, leader del movimento contro la guerra in Vietnam negli anni Sessanta; manager del gruppo rock radicale MC5; attivista per i diritti dei consumatori di cannabis; fondatore del partito delle Pantere Bianche (la cui distruzione era una priorità per l’FBI e un'ossessione per Nixon); prigioniero politico e martire della rivoluzione culturale hippie (condannato a dieci anni di reclusione per due spinelli) venne liberato grazie a un movimento di massa che ebbe il suo culmine nel concerto organizzato in suo favore da John Lennon (Sinclair è l’unica persona reale a cui John Lennon abbia dedicato una canzone). Grande studioso di cultura afroamericana, negli anni Novanta Sinclair si trasferisce a New Orleans dove diventa il più popolare dj radiofonico della città. Nel 2004, nauseato dalla situazione politica americana, va in esilio ad Amsterdam, dove continua a esibirsi sul palcoscenico con la sua band (John Sinclair & the Blues Scholars), a scrivere poesie e condurre programmi radiofonici.

Matteo Guarnaccia, artista, saggista, uno dei massimi esperti in Italia di culture underground e beat generation, ha scritto numerosi libri su questi argomenti; è anche un noto e apprezzato disegnatore e illustratore. Durante il Festival presenterà il suo ultimo saggio Almanacco della pace e aprirà una mostra delle sue opere più recenti dal titolo ‘Pluralità estatiche’.


PROGRAMMA

Venerdì 8 settembre (Pitigliano - Magazzino Giustacori, via Zuccarelli 260): nel pomeriggio, ore 17.00, Matteo Guarnaccia presenta i suoi disegni originali ‘Pluralità estatiche’ e, alle ore 18.30, il suo ultimo libro Almanacco della pace; a seguire, alle ore 21.00, Giovanni Feo con il suo Geografia sacra; in serata, ore 22.30, musica celtica con Andrea Sechi (arpa celtica) e Anita Foerster (percussioni).


Sabato 9 settembre: il mattino alle 11.00 Luciana Bellini e Il Fondo con Detti e ridetti ­ grammatica popolare. Nel pomeriggio, ore 17.00, reading di John Giorno introdotto da John Sinclair al Magazzino Giustacori. La sera, alle 22.00, alla ex-scuola elementare (ora Circolo Arci-Veltha) di Elmo di Sorano, performance di John Sinclair accompagnato dal chitarrista Mark Ritsema e introdotto da Matteo Guarnaccia, curatore del libro Va tutto bene, e da John Giorno. I due libri di riferimento sono La saggezza delle streghe di John Giorno e Va tutto bene di John Sinclair, pubblicati da Stampa Alternativa nella collana Eretica e inediti in Italia.


Domenica 10 settembre: la mattina, alle ore 11.00 al Magazzino Giustacori, l’autrice Irene Blundo ci parla del suo fresco di stampa Bianciardi com¹era a Grosseto nel ricordo di Isaia Vitali (Millelire speciale). Nel pomeriggio, alle ore 18.00, Sara Donzelli presenta La regina dei banditi di Federico Bertozzi (Millelire speciale) con la regia di Giorgio Zorcù. Alle ore 20.30 Manila Lo Giudice interverrà con il suo romanzo-opera prima Nucleo Accumbens. La sera, a partire dalle ore 22 al Veltha di Elmo, grande festa di chiusura per i primi trentacinque stupefacenti anni di Stampa Alternativa con la prima rock-band ecologica italiana, i NoiNatiMale.



NON SI PAGA ­ NON CI SONO SPONSOR



Libri di riferimento


John Giorno, La saggezza delle streghe, edizioni Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, collana ‘Eretica’, 128 pagine, 10.00 euro.


John Sinclair, Va tutto bene / It¹s all good, edizioni Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, collana ‘Eretica’, 224 pagine, 12.00 euro.


Matteo Guarnaccia, Almanacco della pace, edizioni Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, collana ‘Eretica speciale’, 128 pagine con inserto a colori, 15.00 euro.


Giovanni Feo, Geografia sacra, edizioni Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, collana ‘Eretica speciale’, 160 pagine, 13.00 euro.


Luciana Bellini, Detti e ridetti, edizioni Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, collana ‘Strade Bianche’, 160 pagine, 12.00 euro.



John Giorno e John Sinclair saranno anche presenti, a fine Festival a due appuntamenti romani.


Giorno alla Feltrinelli di via del Babbuino, l’11 settembre alle ore 18.00 e Sinclair il 12 settembre alle ore 19.00 presso la “Festa di Liberazione” alle Terme di Caracalla, insieme al suo chitarrista Mark Ritsema.



Per ulteriori informazioni o contatti con gli autori: ufficio stampa Monica Mariotti 347-6212187 ufficiostampa@stampalternativa.it