31 maggio 2006

Fotografi in corso

Ne è valsa la pena. Mesi d'inverno a finir tardi discussioni e sedute di camera oscura, una pizza surgelata che ti aspetta a casa dopo un viaggio di 60 km. Molti che hanno iniziato e poi per i vari casi della vita si son persi chissà dietro a chi e a cosa. Ma lunedì 29 maggio, dopo sei mesi di corso, quando alla Corte dei miracoli di Siena nell'ex Ospedale Psichiatrico abbiamo affisso l'ultima foto della mostra fotografica finale in contemporanea all'arrivo del primo gruppo di visitatori (che si son trasformati in una alta marea) allora sì! ,sì! ,sì!, non abbiamo più trattenuto la gioia, e mai brindisi fu più liberatorio. Perchè come hanno potuto (e potrete) constatare anche numerosi fotografi intervenuti, le foto di Donata, Francesca, Sara, Antonella, Gabriella, Valentina, Elena e Mirko, sono davvero delle belle foto, intrise di sensibilità, tecnica e stile personale. Come gli abbiamo scritto, siamo orgogliosi di loro, non chiediamo altro che continuino a fotografare, in qualunque frangente della vita si trovino, perchè non c'è niente di meglio di collimare l'occhio con l'obbiettivo e con il cuore. Felicità è una macchina fotografica carica.....
Sì, ne è valsa la pena.

Stefano Pacini, Daniela Neri, Associazione Fotografi Contro

Alessandro Angeli, Fuori Stazione

E' un piccolo grande libro Fuori Stazione di Alessandro Angeli, il secondo di questo giovane autore, dopo gli esordi di Blue light Lisboa. E domenica 28 maggio al bar Chiringuito Loco dei Bagni Roma di Follonica è andata in scena una piccola grande rappresentazione di Fuori Stazione, grazie alla voce recitante di Mirio Tozzini e alla chitarra di Samuele Petrocchi. Due professionisti Mirio e Samuele, come del resto, nonostante la sua non celata timidezza, lo è Alessandro. Nonostante fosse la seconda volta che la lettura andava in scena tutto è sembrato perfetto; perfino il mare a pochi metri accompagnava le pause tra un pezzo e l'altro. Il libro ci svelava, così recitato, una prospettiva ancora diversa e maggiormente poetica. Se passate dal nostro Chiringuito prendetene una copia; è una storia che lascia un sapore di sale. Alessandro e company continuino così; la prima volta hanno avuto 11 spettatori, da noi già 22, la prossima...

27 maggio 2006

Non presentazione di un non libro

BIANCIARDI e/o TERROSI- NON PRESENTAZIONE DI UN NON LIBRO

Prima si canta poi si parla.
“È meglio uno stonato che canta che un intonato che piange!”
È una massima di Morbello Vergari, che voglio ricordare per dire che in questa vicenda del “non libro” mi sento proprio stonato. Però non piango e continuo a cantare e a cercare con le parole dove si è sbagliato (se si è sbagliato) e cosa non ha funzionato nel rapporto con gli interessati.

La mia parte, marginale e per certi versi inutile, si era limitata a reperire due testimonianze orali di Enrico Pareti (pittore) e Nicola Marotta (tipografo) per parlare del Terrosi meno noto (tipografo e pittore appunto). I figli di Mario hanno ritenuto di non dover mettere questo mio pezzo che tuttavia parlava attraverso due amici di un personaggio che si è misurato con il proprio lavoro e con la creatività artistica facendo mostre dei suoi quadri, partecipando ad iniziative estemporanee di pittura, confrontandosi insomma con il proprio tempo nella ricerca di una rappresentazione di sé non banale e nemmeno scontata.

Altre cose ritenute non funzionali al libro sono state alcune testimonianze su Bianciardi che avevo inciso in occasione della presentazione (del 1974) di “Bianciardi com’era”. Si trattava di alcuni stralci relativi agli interventi di Pilade Rotella, Delfo Ceni e le poche parole che Mario Terrosi disse nell’occasione.
Ritenute a torto o a ragione ingombranti o non significative (in effetti le due testimonianze di Rotella e Ceni parlavano di Bianciardi e dei loro rapporti con questo personaggio) sono state tolte.

Dunque io che c’entro?
In questa vicenda il mio nome compare come “curatore” insieme a quello di Antonello Ricci che ha insistito perché così fosse. Avevo cercato di svincolarmi da questa “cura” ma non c’è stato verso: “Poche discussioni!” mi ha detto l’amico, ci hai lavorato e ci devi stare…
Questa è la mia storia ed anche la storia di alcune cose di questo libro che qui non compaiono.

Dunque per il fatto che figuro come co-curatore sono stato invitato a questa “non presentazione”.
Ma che cosa potrei dire? Ho chiesto all’amico.
I processi sono noiosi e sterili. E i giudici (cioè quelli che pretendono di dare un giudizio a volte anche inappellabile delle cose) sono proprio da evitare.
Diverso è offrire qualche considerazione che “giudica” un operato e si confronta con altre posizioni.
Alla fine ho accettato di essere qui stasera perché non si può dire di no ad Antonello o agli amici del “Fondo” che in fondo in fondo hanno una storia (del loro entusiasmo) ancor più complicata alle spalle.
Poi i tortelli di Vanda (la moglie di Lio): a questi proprio non potevo rinunciare.
Ho chiesto di farmi accompagnare dal Coro degli Etruschi (gruppo al quale mi onoro di appartenere). La cosa è stata accolta dunque ho il piacere di esserci in questo modo. Per cantare.

Cosa insegna però questa vicenda?
Intanto il “divieto” alla pubblicazione di certi testi prima e del libro (già fatto) poi è venuto dai figli.
Gli eredi legittimi.
Voglio ricordare che nel caso di altri scrittori “popolari” di Maremma (fra i quali metto anche Morbello Vergari), sono stati proprio i familiari a cercare una via per valorizzare i propri congiunti attraverso le loro opere, mettendo in circolazione materiali altrimenti destinati all’oblio.
L’interesse a far vivere il ricordo, promuovendo una iniziativa editoriale o quant’altro per rendere fruibile un testo e tornare a parlare di chi non c’è più, di un’epoca, di una personalità dovrebbe avere nei figli i naturali promotori.
Si scopre che non è così; ormai i casi sono più d’uno, come ricorda Antonello.
Sembra purtroppo che gli interessi si leghino sempre più a quelli di carattere economico.
È dunque la legge del mercato a prevalere? Certo non è quella del buon senso che dovrebbe favorire una rilettura critica, una collocazione storica ed epocale di un’opera sicuramente compiuta facendo conoscere vizi e virtù dell’autore.

“Chi muore giace e chi vive si da pace”. Altro proverbio.
Io capisco che dovendo fare i conti con il ricordo possono affiorare situazioni conflittuali, rapporti complicati, cose che finiscono per mettere in crisi le immagine consolidate, gli affetti profondi.
Con questa vicenda, impedendo la pubblicazione del libro, si è agito un annullamento soprattutto nei confronti di Mario Terrosi, che io considero scrittore di valore, e che è stato l’autore di “Bianciardi com’era”. Non permettendo la riedizione di questa sua opera (sottolineo sua perché Mario usò le lettere di Bianciardi come citazioni incastrandole in un ragionamento), si mette davvero una pietra sopra al lavoro di Terrosi scrittore.
Si uccide la sua creatività, il suo rigore critico ed anche la sua abile misura di narratore che seppe per primo, mettendosi in gioco, far emergere la personalità complessa di Bianciardi; con una operazione esemplare che riuscì in quegli anni a rendere l’immagine piena di Bianciardi come uomo e scrittore.

Non mi addentro nelle questioni legali.
Una cosa però mi pare evidente: tutta la vicenda per come si è configurata può avviare una nuova discussione sui diritti e sui “rovesci” di una eredità intellettuale.
Una vicenda (che lascia l’amaro in bocca) può cominciare a far ragionare. Intanto chi scrive.

“I libri- scriveva Bianciardi - a differenza dei figli, sono opera collettiva”
Ritengo che si riferisse ai contenuti dei libri, ai suggerimenti, ai rapporti che spesso consentono di far nascere un’opera e di renderla fruibile. Però “sono opera collettiva” significa anche che appartengono alla collettività. E allora siccome questo libro non è fruibile dobbiamo, nostro malgrado, considerarlo come un “non libro”, un libro mancato.

Materia complessa quella dei diritti d’autore. Altrettanto complicato è poi il mercato editoriale che chiede soldi per pubblicare un’opera (non è il caso di Baraghini). Leggerei una poesia di Lio Banchi che mi sembra particolarmente adatta a rappresentare una certa editoria:
Ma voi dite bene un libro scrivi
tutti mi fate il solito discorso
ma come vuoi puoi toccar dove ‘un arrivi
tu presti un bacio e lo ricevi un morso
ma che ti ammazza so’ gli òmini vivi
perché non hanno al cuor nessun rimosrso
voi siete saggi datemi un consiglio
io tre milioni quando li ripiglio. (27/6/1988)

A Lio Banchi nel 1988 avevano chiesto quella cifra per pubblicare e Lio (del quale oggi c’è il libro, grazie a quelli del “Fondo”), non se la sentì di affrontare la spesa.
“Ma che ti ammazza so’ gli òmini vivi”. La poesia di Banchi dice tutto in questo verso.
Io lavoro da anni sui materiali orali dei quali spesso non si conosce l’autore.
Quei testi (che non vantano diritti), e che non hanno eredi legittimi, non li salvaguarda nessuno.
Ad esempio il libro de “I canti popolari in Maremma” che curai con Morbello Vergari e che uscì nel 1975 (I° edizione) subì una vicenda di appropriazione indebita dei canti pubblicati perché un maestro di musica (che non merita neppure d’essere ricordato) senza sforzarsi troppo a fare una propria ricerca e neppure a trascrivere le musiche depositò alla Siae a nome suo alcuni brani che erano nel libro. Me cojoni! (direbbe l’amico Antonello)

Come si vede è materia complessa. E sui diritti d’autore ci sarebbero da rivedere diverse cose distinguendo gli autori dai loro eredi e i diritti dai rovesci. Insisto per concludere:
da qualche tempo ormai si è avviato un processo di privatizzazione dei beni pubblici. Forse sarebbe l’ora di ripensare a questa tendenza avviando un processo inverso: rendere pubblico il privato, partendo dalle opere dell’ingegno che rappresentano i beni non materiali, ma sono nel contempo un patrimonio ereditabile. Accolgo la proposta di Baraghini riferita agli autori vivi e vegeti che possono decidere di rendere pubbliche le loro opere senza speculazioni.
Si possono fare protocolli d’intesa fra editore e autore in questo senso.
Morbello in molti casi preferì cedere i diritti all’editore accettando una somma in denaro come “pagamento” del suo lavoro.
Fece bene e comunque i familiari di Morbello sono straordinari perché hanno sempre dato la loro disponibilità per far uscire opere che lo ricordassero.
Sta per vedere la luce a breve una monografia proprio su questo autore, curato oltre che dal sottoscritto, da Alessandro Giustarini e Nanni Vergari.
Il Titolo : “Morbello Vergari, scrittore e poeta di Maremma”, lo segnalo.

Corrado Barontini

26 maggio 2006

Il lavoro culturale serve...per una vita agra

Non bastano poche battute per racchiudere la serata a Pianizzoli del 19 Maggio, tutto non ci può stare dentro, anche spingendocelo ben bene.

Non ci stanno l’ospitalità e la cucina di Wanda, non ci sta la bellezza di trovarsi (o ritrovarsi) solo per il piacere di incontrarsi e di parlare di letteratura (ah, quanto avrebbero da imparare alcuni salotti paludati, di città e di provincia, da queste serate, sia pure organizzate con qualche telefonata e un avviso sul sito), non ci stanno le canzoni e le voci del Coro degli Etruschi, né il figlio di Antonello Ricci che si arrampica su una sedia e si mette davanti ad uno dei coristi (un omone di cento chili) fra il divertito e lo scocciato, alternando risate e mani a coprire le orecchie; non ci sta Marcello e 30 anni di Stampa Alternativa; non ci stanno Terrosi e Bianciardi, e chi ne ha parlato, e chi è stato a sentirlo, e se n’è andato via probabilmente un po’ più ricco, ma anche molto più affranto per la situazione che gli era stata delineata, sia pure a larghi tratti.

Per chi non lo sappia, e credo siano in pochi di quelli che leggono il sito del Fondo, tutto nasce dalla decisione di Stampa Alternativa di ripubblicare un vecchio libro di lettere di Bianciardi, cucite insieme e in qualche modo chiosate da Mario Terrosi, un suo amico maremmano. Marcello Baraghini compra i diritti dalla casa editrice Ianua, affida il tutto ad Antonello Ricci e Corrado Barontini e si parte. I due lavorano per mesi per approfondire alcuni spunti, ma alla fine del lavoro i figli di Mario Terrosi non sono soddisfatti di quel che è uscito fuori. Allora viene smontato tutto, si fa fare una prefazione (bella) a Pino Corrias, che aveva curato una decina d’anni fa una straordinaria biografia di Luciano Bianciardi e si parte. Ma ai Terrosi non vanno giù nemmeno alcune cose scritte da Corras (incredibile…), e mentre Baraghini sta valutando se fare un’altra edizione e finalmente distribuire questo benedetto libro (che nel frattempo è già stato recensito da un paio di giornali), ecco che la figlia di Bianciardi scrive a Stampa Alternativa, diffidandoli dal pubblicare e distribuire quel libro, perché lei non da il consenso a farlo, visto che le lettere sono scritte da suo padre, e appellandosi a un articolo della legge sul diritto d’autore.

La situazione, dal punto di vista giuridico, è davvero complessa, e non starò qui a ripercorrerla, forse non l’ho chiara nemmeno io. Ognuno, probabilmente, ha le sue ragioni, ognuno i suoi torti, non siamo in un ambito di estrema chiarezza, tanti sono gli aspetti dubbi da prendere in considerazione. Quello che è certo è che, anche in questa circostanza, chi ha perso sono stati i lettori, e anche la letteratura in generale, schiava di pregiudizi -ed anche giudizi- davvero poco animati da amore in senso ampio per non sembrare, all’occhio dello spettatore esterno, delle sciocchezze anche un po’ misere, se vogliamo.

Il libro quindi non si farà più, e non sembra ci siano possibilità di cercare di provarci, il diktat bianciardiano è assoluto, e a quel punto i Terrosi non hanno certo la voglia di fare battaglie legali. Come non la ha Marcello (anzi, Marcello ce l’avrebbe, ma in casa editrice l’anno preso per un orecchio e l’hanno fermato), come non la ha nessuno. Anche perché Luciano Bianciardi non se lo merita nemmeno di finire nelle cronache di un processo giudiziario per violazione dei diritti d’autore da parte di qualcuno.

Fin qui la fredda cronaca. Fredda come le aule di un processo che nessuno ha voluto, fredda come i sentimenti dei parenti coinvolti, fredda come chi ragioni di marche da bollo con la bara del morto ancora aperta. Fin qui quello che si può raccontare anche a chi non c’è stato il 19 a Pianizzoli sperando capisca. Il resto no, non si può raccontare compiutamente: la canottiera nera di Marcello Baraghini, il lungo ed appassionato intervento di Antonello Ricci ed anche tutti gli altri, le tante canzoni, anche a volte divertenti, del Coro degli Etruschi; e le risate, le riflessioni, i tortelli di Wanda e, per ultima, l’assenza del Comune di Massa Marittima, che ha dimostrato di non essere lontano da ben altri modelli di politica, che ci si augura non siano presi ad esempio per nessuno: difficile raccontare tutto.

Come è difficile raccontare questo libro, un libro che va letto –anzi, divorato- in un’ora al massimo, ed uscirne piacevolmente sorpresi, per la “strana”, spesso sorprendente, lucidità delle lettere di Bianciardi, che da Milano più che lettere sembrava gettare messaggi nella bottiglia all’amico grossetano, messaggi a volte divertenti, ma spesso cupi, disperati, e soprattutto profetici per molti versi.

Un libro che meritava ben altra sorte che finire suo e nostro malgrado nel magazzino di Stampa Alternativa; un libro per il quale si vorrebbe quasi la grazia del Presidente della Repubblica, se solo si potesse chiedere ed ottenere. E invece no, siamo e saremo destinati a parlarne fra pochi adepti, che si ritrovino in una catacomba (con tutto il rispetto per Pianizzoli, ci mancherebbe, magari ne avessero avute di catacombe così i cristiani) e dandosi gomitate l’uno con l’altro gridino alla vergogna.

Probabilmente, se Bianciardi potesse scriverci due righe su questa vicenda, ripeterebbe una triste riga di una sua lettera: “prima i danni si chiedevano per qualsiasi motivo, fuorché per i libri. Ora anche i libri sono entrati nel giro degli affari e dei ricatti. Segno buono…

Ci pensi chi di dovere, ci pensi.

E magari venga alla prossima serata a Pianizzoli a parlare di letteratura in un certo modo: forse si potrebbe convincere che c’è ancora spazio per i sentimenti, c’è ancora spazio per parlarne sopra senza secondi o terzi fini.

C’è ancora spazio per l’uomo.

Alessandro Tozzi

25 maggio 2006

Bianciardi com'era ; gli assenti hanno sempre torto

Una marea di gente, tanta, venuta da mezza Maremma e anche oltre, che quasi non ci si stava nel capiente salone di Pianizzoli. Una cena inframezzata dai canti del Coro degli Etruschi, diretti da Corrado Barontini dell'Archivio delle Tradizioni Popolari di Grosseto. E poi una raffica di interventi e riflessioni a partire dalla vicenda del libro fantasma, via via allargando l'orizzonte e proponendo nuovi modi di godere degli scritti di Bianciardi ed altri scrittori a noi vicini, scritti da far leggere ad un più vasto pubblico possibile e non ad un ristretto numero di bibliofili. Che già Luciano Bianciardi in tempi non sospetti scriveva "i libri, a differenza dei figli, sono un opera collettiva." Sono intervenuti via via, Antonello Ricci, con una puntigliosa ricostruzione della vicenda, Marcello Baraghini, l'editore mancato per causa di forza maggiore, Alberto Prunetti, scrittore, Alessandro Tozzi del foro di Roma, sugli aspetti legali della vicenda (non così chiari da bloccare il libro senz'appello). Corrado Barontini, che ci ha riportato al 1974 quando uscì la prima edizione del libro ristampato nel 1985 e bloccato adesso. E poi son stati letti gli interventi appassionati di David Fiesoli, critico letterario e giornalista, e Marco Palladini, del sindacato nazionale scrittori, interventi già presenti sul nostro blog. Una serata positiva, un confronto costruttivo, un ricordo di Bianciardi sentito e forte. A fronte di tutto ciò, l'unica nota veramente stonata è arrivata dal comune di Massa Marittima che non ha concesso il patrocinio culturale alla serata " la cui genesi non è stata in alcun modo condivisa con l'Amministrazione e le cui finalità non risultano adeguatamente chiare". Bontà loro...
Niente di nuovo dal castello occidentale

23 maggio 2006

Terrosi - Bianciardi, non presentazione, un sunto

TERROSI-BIANCIARDI NON-PRESENTAZIONE, 19 MAGGIO 2006, M. MARITTIMA

Un fondo d’amarezza

Una premessa d’obbligo: * questa è una storia no-profit (né profitti economici, né glorie particolari), sarà bene ricordarlo perché tutto resti dentro un alveo di buon senso * questa è una storia di gente che ama i libri (molti di questi libri, questo stesso di cui parliamo stasera, sono stati a lungo inseguiti in biblioteche o su bancarelle - ricordo il Lavoro culturale di Leto Morvidi, comunista mancianese trapiantato a Viterbo, ricordo La Casa di Novach), gente che ama comprare libri, che ama donarli

Storie di passione, quindi, e di ricerca amorosa, paziente

Perché siamo qui. Marco Palladini, presentando la querelle sul sito del Sindacato nazionale scrittori ha sentito il bisogno di rimarcare 2 idee: * che questa è una storia diseducativa, e quindi molto bianciardiana (e quindi molto intrigante, aggiungerei io) * che l’immagine dei libri bloccati in magazzino, pronti per il macero sa molto, troppo, di Fahrenheit 451!

Da che cosa nasceva l’idea di riproporre Bianciardi com’era: * nell’ambito del terzo festival di letteratura resistente (Pitigliano, settembre 2005), dedicato al paese reale * riproporre qualche titolo interessante dal catalogo della casa editrice grossetana

Su quale filone s’innestava l’idea? Un felice crocevia di orizzonti diversi: * l’interesse di Baraghini per le Strade bianche * un mio percorso di ricerche lungo vent’anni attraverso il territorio viterbese-maremmano, cultura popolare e storia locale

Insomma: valorizzare storie e culture locali in chiave critica rispetto all’omologazione del presente

I primi contatti con gli eredi Terrosi già durante il lavoro per l’allestimento del festival, ma anche le prime impercettibili “crepe”, 2 campanelli d’allarme: * il precedente del caso Boccardi (marzo 2005) * l’idea, abortita sul nascere, di editare un romanzo inedito di Bonelli

Ipotesi-libro: intro Corrias + Terrosi + appendici mie e di Corrado (con il recupero di una chicca bianciardiana)

Le appendici: Terrosi tipografo e pittore (Corrado), Terrosi narratore (il sottoscritto), brani trascritti dagli interventi per la presentazione dell’edizione 1974, una bella lettera del figlio di Terrosi al sottoscritto

24 novembre 2005: stroncatura integrale da parte dei Terrosi delle appendici con argomentazioni acute e puntigliose. Controproposta della famiglia: solo Terrosi e Bianciardi + l’intro di Corrias (a scatola chiusa? Un po’ di amarezza, lo confesso, e da qui mi disamoro)

Mio ok immediato, però, per rispettare il patto d’altri tempi sancito con una stretta di mano. 1 dicembre 2005, contro-ok di Terrosi. Si può andare avanti: Corrias invia la sua intro direttamente in casa editrice, la casa editrice gira la mail a me per conoscenza… lo confesso… mea culpa, mea culpa… frutti velenosi del disamore (non mi va più di avere contatti coi Terrosi): non la giro a mia volta. Scelta fatale

Febbraio 2006. Pronto il libro, lo recapitiamo subito, senza entusiasmo ma con un residuo di soddisfazione per il compimento dell’impresa, ai Terrosi. 13 febbraio, mail del figlio e telefonatafiume della figlia. Fuoco e fiamme su Corrias. Come, Terrosi comunista! (eppure, eppure… c’è chi ricorda una lettera del 1956…)

Alzo le braccia e smisto sull’editore, il quale, per non lasciar morire il progetto, patteggia una ristampa “preventiva” con un Corrias ritoccato. Siamo ormai a marzo-aprile, se non ricordo male. Al momento di andare di nuovo in tipografia, giunge la mail di Luciana Bianciardi, “per caso vengo a sapere…” - è la mazzata finale. Un crocione sopra tutta la faccenda. Una pietra tombale

La storia è tutta qui, resta forse il tempo per qualche riflessione

Sui Terrosi. Non entrerò nel merito delle ragioni e delle critiche, degli argomenti e dei documenti: si tratta di un carteggio di lavoro, è vero, ma ne andrà comunque rispettata la tonalità confidenziale

Ho scritto altrove di un’immagine non-contrattabile del padre. Parlo di sensazioni. E sentimenti. Con rispetto, sia chiaro. Ma. Ho lavorato per anni, con decine e decine di persone, a loro “ritratti” pubblici. Sempre con un habitus morale: priorità della dimensione umana e condivisione del lavoro (così, e più e meglio di me, Corrado). Beh, una storia del genere, come dicono a Viterbo, non m’era mai capitata!

Ma forse, a mostrare la corda, in quest’occasione, è stato tutto un metodo di lavoro: accingendomi a scrivere del Terrosi narratore dopo averne letto centinaia e centinaia di pagine (non proprio Flaubert, sarà bene non dimenticarlo), ho sentito infine insofferenza per i limiti del “rischio” agiografico che sempre è l’interfaccia in questo genere di ricerche. E ho voluto dire il vero fino in fondo. Senza fronzoli né mezze misure. Terrosi ambiva al riconoscimento di scrittore. Ed io l’ho riconosciuto. Senza mediazioni (lo so lo so, è una provocazione ai limiti del paradosso). L’ho trattato come avrebbe voluto, in fondo. Da scrittore vero. Ma la cosa non è stata accettata. Mi hanno usato contro Bianciardi, sottilmente: “laddove Luciano glissa con eleganza, Antonello stride”. Solo che Bianciardi era un amico. Io Terrosi non l’ho mai conosciuto.

Forse, c’è anche una possibile lettura “sociologica”. Una linea Boccardi-Bonelli-Terrosi. Abituato ai popolani, non mi ero mai affacciato su una piccola borghesia già domestica con “ritratti” e autoritratti, con una propria immagine pubblica, almeno in parte smaliziata rispetto alla funzione eternante della scrittura

Comunque sia, non ho mai sentito i Terrosi dire un grazie, un semplice grazie

Sulla Bianciardi. Non ha nemmeno chiesto di vedere il libro (almeno così mi risulta). Sembra banale, ma è una spia. Sembra che non importi la qualità del tuo lavoro (il tuo lavoro per il valore-Bianciardi), sembra dominare un’ossessione da controllo del territorio (pare che l’epistolario Bianciardi-Terrosi troverà posto nel secondo Antimeridiano. Ma non il Bianciardi com’era, le lettere soltanto. Dubito che vi troveranno mai posto le missive di Terrosi.)

Ecco, ripenso alla serata grossetana del 5 marzo 2005. Gli aforismi boccardiani. La fidanzata-vestale. Editore pane-e-mortadella. Aforismi letti come barzellette. La mia intro a quel millelire me la sono poi andata a rileggere, più volte: eccheccazzo!

Gli eredi. Si muovono con maldissimulato piglio moralista e censorio, emanando aura di chi è destinato a soprintendere, vigilare, tutelare da corruzione e degrado un’ontologia, un’identità originaria, certa e autocertificata

E, visto che ci siamo, mi sarà concessa una riflessione sulla logica “anti” dell’Anti-meridiano: logica che profila un autore per negazione (non per proposta), logica che perciò, schierandosi eteronoma, subalterna ad un Altro e ad un “Altrove” di senso, si autoreclude nel cono d’ombra di ciò che intenderebbe negare. Non c’è peggior servizio, forse, alla memoria critica di un autore. Di qualunque autore

Passo e chiudo.
Antonello Ricci

15 maggio 2006

Abbiamo bisogno di tornare a leggere Pasolini e Bianciardi

Lo scrittore e critico viterbese Antonello Ricci, nostro collaboratore, dà conto di una sfortunata, piccola impresa editoriale, di cui è stato co-protagonista. Una vicenda poco commendevole sotto vari punti di vista. Senza voler giudicare chicchessia, osserviamo che la visione di un libro già stampato e pronto ad essere distribuito, che viene fermato e indirizzato al macero è una brutta immagine che evoca scene da Fahreneit 451 e anche di peggio. Osserviamo altresì che, forse, bisognerebbe cominciare a pensare a delle norme legislative che separino l’usufrutto del diritto economico d’autore dalla proprietà e cura intellettuale delle opere d’autore. Essendo acclarato che quasi mai gli eredi parentali sono i migliori giudici e amministratori del patrimonio artistico e culturale dei loro consanguinei. Ciò detto, possiamo aggiungere che Bianciardi com’era non offende né depriva alcuno. È un piacevole libretto che non ha pretese critiche o ermeneutiche, è la partecipe testimonianza di un’amicizia nata in gioventù e siglata dalle lettere che Bianciardi scrive a Terrosi in un arco temporale che va dal 1946 al 1971, anno della morte di Luciano. Come giustamente sottolinea Ricci nella post-fazione, il leit-motiv dell’epistolario sembra essere l’oscuro senso di colpa che attanaglia Bianciardi per aver abbandonato Grosseto e la comunità della sua provincia, e il continuo raffronto con la vita agra e amara che egli mena tra le nebbie padane di Milano, nonostante i suoi non disprezzabili successi professionali. Che è poi il grumo etico-esistenziale che si sviluppa nel suo capolavoro narrativo. Queste lettere ne sono un prezioso pendant, Opportunamente Ricci ne evidenzia una scritta nel giugno del 1962: «Qui continua il miracolo, dicono; tutti si comprano l’automobile, qualcuno anche il panfilo, e di tutto il resto se ne fregano. Ma non sono contenti: sono sempre incazzati. Insomma è brutta gente. Il peggio è che nel resto del paese, potendo, fanno il verso a questi di quassù. Se continua il miracolo, fra vent’anni tutta l’Italia si ridurrà come Milano». Bianciardi, al pari di Pasolini, aveva capito e avvertito in anticipo che proprio il ‘miracolo economico’, lo sviluppo neocapitalistico, il ‘boom’ consumistico stavano mettendo capo ad una mutazione antropologica di lungo corso. Al termine della quale avremmo trovato il ‘berlusconismo’ (ma questo loro non potevano, umanamente, prevederlo). Le radici del cavaliere-caimano sono lontane e profonde. Oggi ci guardiamo attorno e, secondo dice Bianciardi, vediamo tanta “brutta gente” disperatamente incazzata e grettamente avvinghiata a un malinteso materialismo. Per questo abbiamo bisogno di tornare a leggere Pasolini e Bianciardi, per continuare a dire no ad una ‘Italia agra’ che non ci piace.

Marco Palladini direttore editoriale www.retididedalus.it

12 maggio 2006

Ancora su Bianciardi

BIANCIARDI COM’ERA DI MARIO TERROSI
LA SFORTUNATA VICENDA DI UN’EDIZIONE FANTASMA
di Antonello Ricci


Ci sono avventure che nascono sotto un’infausta stella. Nel gennaio 2006 la nuova edizione del libro di Mario Terrosi, Bianciardi com’era, lettere di Luciano Bianciardi ad un amico grossetano, fresca di stampa è imballata nei magazzini dell’editore Stampa Alternativa. Pronta per le librerie. La macchina della promozione è pronta a scattare. Curata da Corrado Barontini e Antonello Ricci, arricchita da una pregevole introduzione di Pino Corrias, questa nuova edizione vede la luce nella collana Eretica (pp. 80, euro 9.00). Ma ancora sigillato negli scatoloni Bianciardi com’era è già un libro fantasma. Già in corso d’opera alcuni giudizi poco lusinghieri degli eredi Terrosi avevano convinto i curatori a modificare il progetto originale, sopprimendo una serie di (pur interessanti) appendici realizzate per l’occasione. Ora l’insofferenza dei Terrosi si sposta su alcune affermazioni di Corrias. Lo spiacevole episodio convince Marcello Baraghini ad allestire in fretta e furia una ristampa ‘preventiva’ del volumetto. Per evitare polemiche sterili e portare a compimento una piuttosto sofferta gestazione. Intanto Daniele Abbiati e David Fiesoli, sulle colonne rispettivamente de "Il Giornale" e de "Il Tirreno", recensiscono un libro che non c’è. E non ci sarà. È a questo punto infatti (appena in tempo per fermare la tipografia, per fortuna) che Stampa Alternativa riceve una mail di Luciana Bianciardi: la quale, in nome della legge (sul diritto d’autore), intima che il nuovo Bianciardi com’era (stampato a sua insaputa) sia tolto dalla circolazione. È la fine. L’editore, per risparmiarsi dispendiosi quanto incerti duelli in sede forense, decide di metterci una pietra sopra. Tombale. Non è una storia entusiasmante, a ripensarci. Diseducativa quanto intrigante. E certo siamo in molti a non farci una splendida figura.
Per esempio gli eredi Terrosi, i quali, prigionieri di una non-contrattabile immagine di Mario (rispettabilissima sul piano degli affetti, ovviamente; ma tutta da discutere sotto il profilo della biografia pubblica dello scrittore), hanno saputo dire ‘grazie’ solo alla notizia che Stampa Alternativa non si sarebbe ostinata per vie legali contro gli eredi Bianciardi.
Ma anche l’editore, che ingenuamente ha sottovalutato la questione del diritto d’autore proprio in un caso di autorialità ‘anfibia’ (eh sì, perché senza l’esile ma amorevole tessitura operata dal Terrosi sulle lettere bianciardiane Bianciardi com’era non esisterebbe, ma al tempo stesso il libro di Terrosi non si reggerebbe neanche in piedi senza quegli straordinari ‘reperti’ epistolari; a questo proposito sarà interessante ricordare che Bianciardi com’era nacque in realtà come capitolo di un più ampio, mai portato a termine omaggio collettaneo a Bianciardi da parte dei suoi amici grossetani).
Poi ci sarebbe la figlia di Bianciardi che, da tempo editrice in proprio, ha brandito con eccesso di legittima difesa l’arma del diritto d’autore, lasciando intendere chiaramente che rivali sul terreno dell’eredità editoriale paterna non ne gradisce (eh sì, perché le lettere di Luciano pare intenda stamparle proprio lei, a breve: opera senz’altro meritoria. Ma quale destino per Bianciardi com’era? Possibile che quel toccante omaggio all’amico scrittore appena scomparso, voluto in anni in cui Bianciardi non era più appetibile né per la critica né per il mercato, finirà condannato ad altri trent’anni di oblio?).
Infine, perché no?, anche noi curatori. Per aver pensato – solo pensato – che fosse cosa buona e giusta rendere nuovamente disponibile per i lettori italiani un piccolo libro pieno di passione. Evidentemente sbagliavamo.....
(continua su www.retididedalus.it )

09 maggio 2006

Scrittore "Contro"

L’atto d’accusa dello scrittore maremmano contro il conformismo della cultura
SCRITTORE ‘CONTRO’
Lettere inedite di Bianciardi a un amico

di David Fiesoli

Martedì sera, a casa dell’attrice Elisabetta Salvatori che con il cantautore Mario Castelnuovo aveva appena terminato un bellissimo spettacolo sull’amore, a cena c’era anche Carlo Monni ed è uscito fuori il nome di Luciano Bianciardi. Stessa cosa qualche sera prima, con Bobo Rondelli, Vichi e Emiliano Gucci. Eppure i libri di Bianciardi si trovano male, e la cultura ufficiale lo ignora del tutto. Ma quella vera, che si fa nei piccoli centri, nei piccoli teatri e tra artisti che hanno a cuore la libertà, lo conosce e lo ama, perchè Bianciardi scopre come un nervo la cattiva coscienza dell’Italia, è la polvere sotto il tappeto della scintillante cultura ufficial-televisiva, mercantil-editoriale. E a sottolineare la spina nel fianco che ebbe e che fu, ci sono ora alcune lettere inedite scritte al grossetano Mario Terrosi, l’amico di sempre: si sono scritti fino all’ultimo viaggio, quando Bianciardi tornò in Maremma morto d’alcol. A Grosseto, mentre Terrosi imparava il mestiere del tipografo al riparo da ogni sorpresa, Bianciardi attraversava la piazza con la custodia arancione del suo violoncello, sempre con il vento a scompigliarlo. E venne la guerra, il dopoguerra, l’idea che il mondo andasse rifatto daccapo: Terrosi comunista, Bianciardi anarchico, amici dei braccianti e dei minatori in lotta. Ma l’uno rimase, l’altro soffocava, e infilò la sua vita dentro una valigia. Andò a Milano, a cercare di rifare il mondo, tra case editrici come la Feltrinelli di Giangiacomo e quotidiani come “Il Giorno” di Mattei. Ma la disillusione fece boom, ed erano gli anni Sessanta. Infiniti tentativi, infiniti ritorni, poi l’epilogo: “Ho in mente di buttar giù una grossa pisciata sul miracolo italiano, sulla diseducazione sentimentale che è la nostra sorte d’oggi. Tu non immagini l’aridità della gente che mi sta intorno”. Le lettere di Bianciardi a Terrosi sono l’atto d’accusa al conformismo del mondo intellettuale: profetiche, perché sapeva che la provincia e la città sarebbero diventate un’unica preda, del pensiero uniformante, dei malanni della nostra cultura, sempre quelli.
MARIO TERROSI
Bianciardi com’era
Stampa Alternativa, pp.75, euro 10

(recensione uscita sul quotidiano " Il Tirreno" due giorni prima che il libro venisse bloccato)

06 maggio 2006

Bianciardi com'era: per adesso non lo sapremo

Loc. Pianizzoli, Massa Marittima (GR)
Venerdì 19 maggio, ore 20.00
Agriturismo Pianizzoli

Cena e non-presentazione

Bianciardi com'era:
per adesso non lo sapremo
Non presentazione di un libro fantasma






















Per la cena è richiesta la prenotazione

"Ci sono avventure che nascono sotto un’infausta stella. Nel gennaio 2006 la nuova edizione del libro di Mario Terrosi, Bianciardi com’era, lettere di Luciano Bianciardi ad un amico grossetano, fresca di stampa è imballata nei magazzini dell’editore Stampa Alternativa. Pronta per le librerie. La macchina della promozione sta per scattare. Curata da Corrado Barontini e Antonello Ricci, arricchita da una pregevole introduzione di Pino Corrias, questa nuova edizione vede la luce nella collana Eretica (pp. 80, euro 10.00). Ma ancora sigillato negli scatoloni Bianciardi com’era è già un libro fantasma. Prima alcune divergenze con gli eredi Terrosi, poi il niet irrevocabile di Luciana Bianciardi convincono l’editore a soprassedere.

Un libro fantasma è un libro che non c’è. Un libro che non può andare in libreria. Dunque un non libro. Che non si può vendere né promuovere. Che non ha senso presentare. Ma sulle cui infelici peripezie ha forse senso riflettere insieme, per spremerne un succo. Una morale da questa diseducativa e intrigante sventura editoriale. Ecco aprirsi allora lo spazio per una non presentazione…"

Parteciperanno alla non presentazione-dibattito: * Marcello Baraghini, direttore di Stampa Alternativa, editore del libro fermato da Luciana Bianciardi * Antonello Ricci, professore e scrittore di Viterbo, curatore insieme con Corrado Barontini dell’edizione bloccata * Corrado Barontini dell’Archivio delle tradizioni popolari della Maremma grossetana * Roberta Pieraccioli, direttrice della biblioteca comunale e Franco Donati, assessore alla cultura del Comune di Massa Marittima * Alberto Prunetti e Luciana Bellini, scrittori maremmani * Alessandro Tozzi, avvocato di Roma, sugli aspetti legali del caso. Modererà Stefano Pacini dell’Associazione il Fondo

Allieterà la serata il Coro degli etruschi in concerto


per informazioni e prenotazioni:

Michele 333-9725751 Stefano 338-8752519

www.associazioneilfondo.it

04 maggio 2006

Deja Vu


Deja Vu. Titolo azzeccato di una mostra fotografica e di una serie di proiezioni di filmati anni '70 al Casello Idraulico di Via Roma a Follonica fino al 15 maggio. Chiunque può cogliere in quei bianco e neri lo spirito di un tempo, di una stagione di grandi ideali, speranze, cambiamenti. Come ben spiegano alcune righe introduttive dell'ononimo dvd. Erano tempi in cui, pensate, in pieno centro i gruppi della sinistra extraparlamentare ed i collettivi di controcultura potevano tenere sedi aperte per anni, con affitti adeguati alle verdi tasche... Come sia andata a finire la grande ondata creativa e rivoluzionaria, non occorre ribadirlo; basta guardare cosa è diventata Follonica, l'Italia intera. Una cosa però colpisce, e ferisce tanto, troppo, di questa e altre mostre simili. Mentre scorri con lo sguardo i ragazzi e le ragazze con i capelli e le barbe lunghe, le gonnellone a fiori, le chitarre, i pugni chiusi, e ti sorprendi di ricordarne i nomi e le gesta, sei costretto a ricordare che molti, moltissimi di loro, non sono arrivati a trenta-quarant'anni. Falciati via dall'eroina, gestita dalla mafia tollerata dallo stato, rifugio per le delusioni, le repressioni e le aspettative frustrate di una rivoluzione di là da venire. Generazione desaparecida senza madri di Plaza de Mayo, senza possibilità di riscatto, spesso senza neppure ricordo. Troppo difficile ricordare e capire. Più facile l'oblio in un paese senza memoria storica. "Parlare, iperparlare / la ragione sragiona / e ha ragione / se i mentecatti vinceranno /non ci saranno più i pazzi / che ridono" Massimo Renzinelli Massa Marittima 1957- Follonica 1987
Stefano

03 maggio 2006

Ci rimpiangeranno!

La Presidenza del Consiglio dei Ministri comunica:

il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi, alle ore 12,50 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente, Silvio Berlusconi.

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha comunicato al Consiglio dei Ministri, appositamente convocato, il proprio intendimento di rassegnare al Presidente della Repubblica le dimissioni dell'Esecutivo. Nel condividerne la decisione, il Consiglio dei Ministri ha rivolto un caloroso ringraziamento al Presidente Berlusconi per il suo operato quale Capo di Governo. Quest'ultimo, a sua volta, ha ringraziato i Vicepresidenti e tutti i Ministri per l'impegno ed i risultati raggiunti.

Al termine del Consiglio dei Ministri il Presidente Berlusconi si recherà immediatamente al Quirinale.

La riunione ha avuto termine alle ore 13,10.