09 aprile 2009

Chi ci ha rivolti così ?

chi ci ha rivolti cosi?
io non so bene cosa scrivere. sono confusa, attonita, piena di dolore. provo a mandarlo giù, a nasconderlo sotto la maglietta, ma torna. ripercorro le mie strade, le mie case, la mia città ed è terribile vederla rimbalzare su tutti i giornali distrutta e ferita. e ovviamente un brutto groviglio di dubbi e stupidi paragoni mi sale alla gola. queste cose succedono spesso, purtroppo, ma com'è diverso quando tra le foto dei superstiti su repubblica riconosci la faccia sconvolta di un tuo amico. come è diverso quando ti disperi alle sette di mattina sui corridoi di un albergo nell'attesa che qualcuno risponda. ti sembra di sentirlo quel pronto, tanto è dentro di te. e però non arriva, non risponde, non squilla, è occupato. e tu vedi tutta la tua vita davanti e sai che potrebbe essere finita per sempre. e tutto è così mischiato ad ogni singolo mattone di quelle strade che ami tanto, che mentre cammini su e giù ti sembra di sentirle crollare. ti sembra che le scale dell'albergo si muovano, senti scricchiolii ovunque, voci. ma non quel pronto. mi sono sentita così impotente e minima. così presuntuosa e piena di aspettative. mi tornavano in mente le parole di rilke: chi ci ha rivolti così? continuo a ripetermele.

chi ha permesso che l'uomo si astraesse così tanto da sé e da tutto? non esistiamo, non più. facciamo finta di vivere, abbiamo una specie di account su una sovrastruttura che, ormai, è sempre più una sala giochi. una sovrastruttura che ci conforta, ci inorgoglisce, mette a tacere le paure e monetarizza tutto. scusate, scusatemi più che mai, gli ultimi giorni non hanno fatto che aumentare questa nausea generale che ai miei occhi avvolge tutto. mi sembra che tutto vada verso la fine senza grossi impedimenti. cementiamo, costruiamo, rialziamo, tutto in nome dell'affaruccio della politichetta del piccolo guadagnetto. facciamo tenerezza. la natura è lì, ci guarda, del tutto indifferente alla nostra presenza. è paziente, la natura, ma matrigna. non lo fa apposta, la natura. la natura è così, possente. siamo noi che non abbiamo più niente di naturale. e siamo talmente pieni di noi che ormai neanche mettiamo più in campo il rischio che il nostro cellulare possa scaricarsi. climatizzatori, navigatori, telefoni satellitari, nessuno conosce più un numero di telefono, nessuno sa più una strada... è progresso questo? è progresso vivere tutto l'anno con abiti dello stesso peso a ventuno gradi? vi chiederete cosa c'entri col terremoto che ha colpito la mia città e io proprio non lo so. so che abbiamo contribuito a buttare tante bombe su gente indifesa quanto quella dell'aquila e che quello, almeno, potevamo impedirlo. so che questi per me sono giorni in cui piangere per questo e per quello. so che occorre rispetto e fratellanza e tanto tanto amore per tutto. l'emergenza avvicina e rende solidali. e insegna, basta saperla ascoltare. la gente dell'aquila è forte e ce la farà: non invano i venti hanno soffiato, non invano ha infuriato la tempesta, scriveva esenin sergej. e non invano li abbiamo sempre sopportati, forza. vi abbraccio forte, perché mi avete fatto sentire meno sola e lontana. mentre aspetto la verifica di agibilità del mio cuore...
Manuela mardin.blogs.com

17 commenti:

Il Blog del Fondo ha detto...

Sulla tragedia del terremoto pubblichiamo il pezzo della nostra sorella Manuela che è dell'Aquila e a cui mandiamo il nostro abbraccio...

Ale ha detto...

Un minuto di silenzio

Non dura molto. Sessanta secondi. Ci siamo poco abituati, ormai, ma non è difficile, volendo.
La buona volontà c'è, proviamoci, tutti insieme.
Eccoli che iniziano.
E la mente già è persa, e segue un tragitto tutto suo, parallelo all'innaturale silenzio del mondo circostante; la vista si annebbia, non guarda più niente, lo sguardo perso nel vuoto.
Pensa alla scossa, alla gente in strada in ciabatte che piange, perchè ha perso tutto tranne la vita e la speranza di farsene un'altra, che non è poco.
Pensa ai volti delle foto, dei TG, dei giornali, della rete: vecchi, giovani, bambini, soccorritori, politici.
Pensa ai suoni, perchè un terremoto ne ha mille dopo lo schianto: le lacrime, le ambulanze, i cellulari che squillano per chiedere come è andata, i megafoni dei soccorritori.
Pensa ai soccorsi e a quelli che fingono di dare soccorso e si rivelano sciacalli, a corpi ancora caldi.
Pensa ai politici, venuti a piangere sulle bare le loro lacrime di coccodrillo, ma non sono tempi di polemiche questi, che sennò si viene accusati di disfattismo, e invece in Italia va tutto bene.
Pensa alle storie del giovane rugbysta, della cantante, del professore universitario, degli studenti.
Pensa a tutti i palazzi pubblici sventrati, uno per uno, antichi e moderni.
Pensa che è facile perdere tutto quello che si è costruito in una vita intera in 15 secondi, e questo dovrebbe aiutarci a ragionare nella vita di tutti i giorni e sulla priorità delle cose.
Pensa che ci vorranno decenni per ricostruire tutto, e tutto sarà ancora una parte, e la maggior parte di quelli coinvolti non vedranno nemmeno la ricostruzione della propria casa.
Pensa che in Iripinia dopo 28 anni e mezzo vivono ancora nei containers, ma in Campania non hanno mai creduto alle chiacchiere facili dei politici di turno, e non credo che gli abruzzesi ci crederanno tanto facilmente.
Pensa che chi crede fermamente in Dio non potrà mai spiegarsi compiutamente un terremoto.
Pensa che tanti hanno già parlato, ed altri parleranno, a sproposito, ma a parte questo minuto di silenzio non glielo si potrà impedire.
Pensa che ci sarà gente che speculerà sulle raccolte fondi, come al solito.
Pensa che i morti di Ustica e della stazione di Bologna non erano poi così meno di questi, ma nessuno ha ancora spiegato perchè e per come, 30 anni dopo.
Pensa che tanti avrebbero potuto salvarsi se solo si fossero ascoltati in qualche modo i segnali di allarme degli ultimi giorni.
Pensa che in fondo nulla cambierà, non è mai accaduto per nulla al mondo, ma forse l'aveva già pensato prima.
Pensa che la vita continua, nonostante tutto, e questa è la cosa più bella, come al solito.
Pensa che tutto questo è agghiacciante, e durerà ben più di un semplice banale minuto di silenzio.
Il minuto finisce, la vita riprende, seguendo la scansione del tempo sulle lancette degli orologi.
Ora si può urlare, finalmente, tutto quello che si ha dentro.

Ale ha detto...

Un minuto di silenzio

Non dura molto. Sessanta secondi. Ci siamo poco abituati, ormai, ma non è difficile, volendo.
La buona volontà c'è, proviamoci, tutti insieme.
Eccoli che iniziano.
E la mente già è persa, e segue un tragitto tutto suo, parallelo all'innaturale silenzio del mondo circostante; la vista si annebbia, non guarda più niente, lo sguardo perso nel vuoto.
Pensa alla scossa, alla gente in strada in ciabatte che piange, perchè ha perso tutto tranne la vita e la speranza di farsene un'altra, che non è poco.
Pensa ai volti delle foto, dei TG, dei giornali, della rete: vecchi, giovani, bambini, soccorritori, politici.
Pensa ai suoni, perchè un terremoto ne ha mille dopo lo schianto: le lacrime, le ambulanze, i cellulari che squillano per chiedere come è andata, i megafoni dei soccorritori.
Pensa ai soccorsi e a quelli che fingono di dare soccorso e si rivelano sciacalli, a corpi ancora caldi.
Pensa ai politici, venuti a piangere sulle bare le loro lacrime di coccodrillo, ma non sono tempi di polemiche questi, che sennò si viene accusati di disfattismo, e invece in Italia va tutto bene.
Pensa alle storie del giovane rugbysta, della cantante, del professore universitario, degli studenti.
Pensa a tutti i palazzi pubblici sventrati, uno per uno, antichi e moderni.
Pensa che è facile perdere tutto quello che si è costruito in una vita intera in 15 secondi, e questo dovrebbe aiutarci a ragionare nella vita di tutti i giorni e sulla priorità delle cose.
Pensa che ci vorranno decenni per ricostruire tutto, e tutto sarà ancora una parte, e la maggior parte di quelli coinvolti non vedranno nemmeno la ricostruzione della propria casa.
Pensa che in Iripinia dopo 28 anni e mezzo vivono ancora nei containers, ma in Campania non hanno mai creduto alle chiacchiere facili dei politici di turno, e non credo che gli abruzzesi ci crederanno tanto facilmente.
Pensa che chi crede fermamente in Dio non potrà mai spiegarsi compiutamente un terremoto.
Pensa che tanti hanno già parlato, ed altri parleranno, a sproposito, ma a parte questo minuto di silenzio non glielo si potrà impedire.
Pensa che ci sarà gente che speculerà sulle raccolte fondi, come al solito.
Pensa che i morti di Ustica e della stazione di Bologna non erano poi così meno di questi, ma nessuno ha ancora spiegato perchè e per come, 30 anni dopo.
Pensa che tanti avrebbero potuto salvarsi se solo si fossero ascoltati in qualche modo i segnali di allarme degli ultimi giorni.
Pensa che in fondo nulla cambierà, non è mai accaduto per nulla al mondo, ma forse l'aveva già pensato prima.
Pensa che la vita continua, nonostante tutto, e questa è la cosa più bella, come al solito.
Pensa che tutto questo è agghiacciante, e durerà ben più di un semplice banale minuto di silenzio.
Il minuto finisce, la vita riprende, seguendo la scansione del tempo sulle lancette degli orologi.
Ora si può urlare, finalmente, tutto quello che si ha dentro.

Steve ha detto...

Mi ha svegliato anche a me. Ma ho pensato fossero i nostri soffioni boraciferi. Alle 7 mi è presa malissimo quando ho sentito e capito. Ti ho mandato un sms ed ho rintracciato un mio amico fotografo che era la per lavoro, e piangeva. E poi hai risposto, per fortuna. Ma il cuore era sempre più gonfio,ed a un certo punto è stata una alluvione di lacrime.Da ragazzo prevaleva l'incazzatura (in friuli andammo volontari, facemmo i comtati autogestiti di tendopoli, e con LC campagna per versare il bollo auto direttamente ai comitati...)adesso il magone, il dolore. Però il cuore non vacilla Manuela, stai tranquilla, ce la faremo anche questa volta, che abruzzesi e maremmani sono una razza e una faccia. Un abbraccio fortissimo e un grazie enorme per quel che hai scritto.

Nina ha detto...

Sarei partita con la protezione civile ma da lunedì dopo tanto ho trovato lavoro....un abbraccio forte

tozzi ha detto...

lettera dal terremoto

Questa lettera è vera. Trovata sulla scrivania di uno studio legale un paio di giorni fa. Seguiva il classico scambio di lettere fra avvocati riguardante liti fra vicini, di quelle inutili, che non portano da nessuna parte. Mi è sembrata sintetizzare appieno il pensiero dell'Italia che, quando vuole, sa aprire gli occhi. Salvo poi richiuderli il prima possibile. Ma in fondo si è eroi anche se per un solo istante, uno solo, si è capito tutto....

"yyy, 6 Aprile 2009
Gentili avvocati e signori XXX salve.
Volevo scrivere solo poche righe di mio pugno. Avevamo buttato giù con i nostri avvocati una lettera di risposta alla vostra Ultima. Aprendo i giornali questa mattina e poi vedendo in tv il disastro avvenuto in Abruzzo questa notte nel cuore ho avuto la voglia di scrivervi.
Ci sono stati 170/180 morti a causa di questo terremoto. Migliaia di persone hanno perso oltre la propria casa tutto ciò che avevano, vi è gente ancora dispersa sotto le macerie.
NOI cosa facciamo discutiamo e siamo pronti a farci del male per pochi metri di terra o per una fogna in comune. Che squallore. Anche le nostre case hanno sentito la scossa, e se fosse capitato a noi siccome non abbiamo buoni rapporti ci saremmo astenuti dall'aiutarci o soccorrerci. Ripeto ancora che squallore. I soccorsi e i volontari si sono mobilitati da tutta Italia, e noi che abitiamo attaccati siamo pronti a sbranarci.
Mi ha fatto molto riflettere anche il fatto che questa situazione la vivano di riflesso i nostri figli. I due piccolini di 5 e 6 anni si sono sentiti dire che non potrevano giocare insieme, ma senza un perchè. Nella loro innocenza giocavano a pallavolo facendo del muro che ci separa la rete, e complottando il modo di vedersi.
Due nostre figlie hanno la stessa età e si presenta i rischio o la fortuna a seconda di come la si vuole vedere che il prossimo anno vadano in classe insieme e noi per 3 anni non le faremo studiare insieme, non dovranno frequentarsi mai sia dentro che fuori la scuola. Tutto questo perchè ognuno di noi si sente nella ragione. Facciamo valere le nostre ragioni nascondendo bene i nostri torti. Siamo in prossimità della pasua, allora dico da cristiano che la luce di CRISTO risorto illumini la nostra mente e i nostri cuori. Una persona (Giovanni Paolo II) disse "mai più la guerra" basterebbe così poco. Tutto questo livore che si accumula perchè non ci si chiarisce in tempo non fa bene a nessuna delle due parti. Chiedo scusa se mi sono permesso di farvi arrivare queste poche righe, ma è quello che mi sono sentito di fare dopo la catastrofe di ieri notte. Credo che alla fine della nostra vicenda ci sia un'altra strada che non sia quella della guerra. Auguro buona Pasqua a tutti e che il signore ci benedica"

Lettera toccante, straziante, ammaliante, insomma "ante".
Scritta in un momento di quella che i cattolici chiamano grazia, e gli altri buon senso.
Nessuno può dire di leggerla senza provare qualcosa.
Ebbene, l'altra parte l'ha letta e ha detto solo "Non me ne frega niente, io gli voglio fare causa lo stesso a questo aaabbbcccc !"

Applausi in lontananza
Dissolvenza
Andiamo tutti verso il disastro con la marcia trionfale dell'Aida...

Emi ha detto...

MA IO PER IL TERREMOTO NON DO NEMMENO UN EURO..." (di Giacomo Di
Girolamo)

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Ieri alle 10.47
Scusate, ma io non darò neanche un
centesimo di euro
a favore di chi raccoglie fondi per le popolazioni
terremotate in Abruzzo. So
che la mia suona come una bestemmia. E che
di solito si sbandiera il contrario,
senza il pudore che la carità
richiede. Ma io ho deciso. Non telefonerò a
nessun numero che mi
sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò
nessun sms al
costo di un euro. Non partiranno bonifici, né versamenti alle
poste.
Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a famigliole
bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda.

Ho
resistito
agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori,
alle testimonianze
dei politici, al pianto in diretta del premier. Non
mi hanno impressionato i
palinsesti travolti, le dirette no - stop, le
scritte in sovrimpressione
durante gli show della sera. Non do un
euro. E credo che questo sia il più
grande gesto di civiltà, che in
questo momento, da italiano, io possa fare.


Non do un euro perché è
la beneficienza che rovina questo Paese, lo stereotipo
dell´italiano
generoso, del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di
crude, e
poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei momenti delle
tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che si
perdoni più
nulla. La generosità, purtroppo, la beneficienza, fa da
pretesto. Siamo ancora
lì, fermi sull´orlo del pozzo di Alfredino, a
vedere come va a finire,
stringendoci l´uno con l´altro. Soffriamo (e
offriamo) una compassione
autentica. Ma non ci siamo mossi di un
centimetro.

Eppure penso che le
tragedie, tutte, possono essere
prevenute. I pozzi coperti. Le responsabilità
accertate. I danni
riparati in poco tempo. Non do una lira, perché pago già le
tasse. E
sono tante. E in queste tasse ci sono già dentro i soldi per la
ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile. Che vengono
sempre
spesi per fare altro. E quindi ogni volta la Protezione Civile
chiede soldi
agli italiani. E io dico no. Si rivolgano invece ai tanti
eccellenti evasori
che attraversano l´economia del nostro Paese.
E
nelle mie tasse c´è previsto
anche il pagamento di tribunali che
dovrebbero accertare chi specula sulla
sicurezza degli edifici, e
dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi.
Con le mie tasse
pago anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che
non riesce
a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia passerella.

C´è andato
pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a visitare i
posti
terremotati. In un viaggio pagato - come tutti gli altri - da
noi contribuenti.
Ma a fare cosa? Ce n´era proprio bisogno?
Avrei
potuto anche uscirlo, un euro,
forse due. Poi Berlusconi ha parlato di
"new town" e io ho pensato a Milano 2 ,
al lago dei cigni, e al
neologismo: "new town". Dove l´ha preso? Dove l´ha
letto? Da quanto
tempo l´aveva in mente?

Il tempo del dolore non può essere
scandito
dal silenzio, ma tutto deve essere masticato, riprodotto, ad uso e
consumo degli spettatori. Ecco come nasce "new town". E´ un brand. Come
la
gomma del ponte.

Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho
visto
addirittura Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del
Senato dice
che "in questo momento serve l´unità di tutta la
politica". Evviva. Ma io non
sto con voi, perché io non sono come voi,
io lavoro, non campo di politica,
alle spalle della comunità. E poi
mentre voi, voi tutti, avete responsabilità
su quello che è successo,
perché governate con diverse forme - da generazioni -
gli italiani e
il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono
per
la giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di
una
giustizia che non c´è.

Io non lo do, l´euro. Perché mi sono
ricordato che mia
madre, che ha servito lo Stato 40 anni, prende di
pensione in un anno quasi
quanto Schifani guadagna in un mese. E
allora perché io devo uscire questo
euro? Per compensare cosa? A
proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo
sentirono eccome quel
terremoto. E diedero un po´ dei loro risparmi alle
popolazioni
terremotate.

Poi ci fu l´Irpinia. E anche lì i miei fecero il
bravo e
simbolico versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione.
E
sappiamo tutti come è andata. Dopo l´Irpinia ci fu l´Umbria, e San
Giuliano, e
di fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non
puoi restare
indifferente.

Ma ora basta. A che servono gli aiuti se
poi si continua a fare
sempre come prima?
Hanno scoperto, dei bravi
giornalisti (ecco come spendere
bene un euro: comprando un giornale
scritto da bravi giornalisti) che una delle
scuole crollate a L´Aquila
in realtà era un albergo, che un tratto di penna di
un funzionario
compiacente aveva trasformato in edificio scolastico, nonostante
non
ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza per farlo.

Ecco,
nella nostra città, Marsala, c´è una scuola, la più popolosa, l´
Istituto
Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è
un albergo
trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza
rispettato, un edificio di
cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha
speso quasi 7 milioni di euro d´affitto
fino ad ora, per quella
scuola, dove - per dirne una - nella palestra lo scorso
Ottobre è
caduto con lo scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco!

è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?) il
controsoffitto in amianto.

Ecco, in quei milioni di euro c´è,
annegato, con
gli altri, anche l´euro della mia vergogna per una
classe politica che non sa
decidere nulla, se non come arricchirsi
senza ritegno e fare arricchire per
tornaconto.
Stavo per digitarlo, l´
sms della coscienza a posto, poi al Tg1
hanno sottolineato gli
eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta
sul terremoto.
E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho
capito
che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella
bestialità che avevano detto.

Io non do una lira per i paesi
terremotati. E
non ne voglio se qualcosa succede a me. Voglio solo uno
Stato efficiente, dove
non comandino i furbi. E siccome so già che
così non sarà, penso anche che il
terremoto è il gratta e vinci di chi
fa politica. Ora tutti hanno l´alibi per
non parlare d´altro, ora
nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza
(tutta, anche
quella che sta all´opposizione) perché c´è il terremoto. Come l´
11
Settembre, il terremoto e l´Abruzzo saranno il paravento per
giustificare
tutto.

Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo
paese, ogni giorno. Se
solo volesse davvero, lo Stato saprebbe come
risparmiare per aiutare gli
sfollati: congelando gli stipendi dei
politici per un anno, o quelli dei super
manager, accorpando le
prossime elezioni europee al referendum. Sono le prime
cose che mi
vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta sempre più
rabbia.

Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia
rabbia,
il mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il
mio diritto di
italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia
dentro che diventa
pianto, quando sento dire "in Giappone non sarebbe
successo", come se i
giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se
il know - how del Sol Levante
fosse solo un´ esclusiva loro. Ogni
studente di ingegneria fresco di laurea sa
come si fanno le
costruzioni. Glielo fanno dimenticare all´atto pratico.

E io
piango
di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel frastuono
della
televisione non c´è neanche un poeta grande come Pasolini a
dirci come stanno
le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi. Li
hanno uccisi tutti, i poeti,
in questo paese, o li hanno fatti morire
di noia.
Ma io, qui, oggi, mi sento
italiano, povero tra i poveri, e
rivendico il diritto di dire quello che penso.

Come la natura quando
muove la terra, d´altronde.


Giacomo Di Girolamo

Erasmo ha detto...

Ho letto il blog di questo Giacomo.
Ero incuriosito da un articolo di Sofri che ne parlava su Repubblica.
Giacomo non è nè uno sciocco nè uno stronzo. Argomenta bene, spesso ha ragioni da vendere, fa leva su facili oscenità che già molti di noi avevano notato. Scopre l'acqua calda quando parla dell'italietta, di certa italietta. Si para persino il culo quando parla della generosità della sua famiglia nei precedenti terremoti.
MA, c'è un MA grande come una casa crollata, Giacomo è figlio di questi tempi cinici e bari, delle tv del biscione, della desolidarizzazione più spinta che dietro ragioni di giustizia spesso nasconde il vuoto, la totale mancanza della conoscenza dell'umanità, della fratellanza, dell'euguaglianza e soprattutto della solidarietà. Giacomo non darà un euro, Giacomo non partirà per fare una o due settimane di volontariato, Giacomo si berrà una bella birra e continuerà a tacitare quelli che una volta erano sentimenti di classe con la potenza dei suoi ragionamenti. Complimenti Giacomo, sei la migliore riprova e prodotto di quegli stessi berlusconi schifani e tv che sbeffeggi. Così ti volevano, per avere loro l'esclusiva della finta solidarietà e ricostruzione. Te gli hai dato anche una bella copertura da blogger, altro che new town e via anglofonizzando !
Noi no Giacomo, saremo degli illusi ma raccoglieremo aiuti, li porteremo direttamente per progetti mirati che controlleremo, e pazienza se il tutto non sarà perfetto. Non ci sentiremo bravi per questo, ma semplicemente solidali come tutti dovrebbero essere verso dei loro fratelli in difficoltà. Tutto qui.

Annalisa ha detto...

Il fatto è che Erasmo sembra essere molto più ragionevole e concreto, ma io, che non ho ancora telefonato né per un euro né per due e non sapevo il perché, trovo molto più convincente il disilluso Giacomo.
Che poi, magari, che ne sapete voi?, il mio contributo l'ho già dato in altro modo, magari sono andata là a portare qualcosa, magari ho dato i soldi a un amico che adesso è in Abruzzo (e piove), ma certo non voglio comparire negli elenchi di chi dice (e dirà): ecco, che bravi, abbiamo raccolto Tot.
In questo momento, ahimè, sono più arrabbiata e stomacata che solidale (ma poi, che ne sapete voi di quello che ho fatto o farò?)

Erasmo ha detto...

Bè, non lo sappiamo, però lo intuiamo....se no davvero non ci sarebbe più religione...

Antonella ha detto...

Io quando ho letto l'articolo sono stata portata a dare ragione a questo ragazzotto che da S. Precario rivendica certe cose che in un paese normale dovrebbero essere normali, come le aree attrezzate in ogni piccolo centro ad alta possibilità sisimica com'è l'Abruzzo.
Però forse c'è un però ,che forse è troppo facile ridurla così e fra non dare un euro e sbandierare la solidarietà per coprire altre vergogne c'è qualche altra cosa di mezzo e cioè l'impegno personale e consapevole di chi si impegnerà in prima persona per fare qualche cosa per cittadini che hanno bisogno di tutto. Ho letto il blog di questo Giacomo.
Ero incuriosita da un articolo di Sofri che ne parlava su Repubblica. Nel 1976 tentai anch'io di prendere la via del Friuli per cercare di dare una mano a quelle popolazioni dopo il terremoto, ma allora era veramente difficile, non riuscii a trovare il pulman che mi avrebbe portato alle tendopoli,però c'era tanta intenzione di dare una mano.
Forse il cinismo è un po' stonato nel cuore di un giovane che ha tutto il tempo per indurirsi ben bene!
Infondo questi sono tempi difficili,ma è nei tempi difficili che le persone si vedono nella loro vera essenza senza troppi girigogoli di pensieri.
ciao Antonella

Leonardo ha detto...

http://www.senzasoste.it/interni/io-per-il-terremoto-non-do-nemmeno-
un-euro.html

Scusate tutti. Ma sotto elezioni
forse merita una riflessione in più.

PS : Colleghi: perdonatemi per l'uso di questo spazio.

Leonardo

Stefano ha detto...

Caro Leo, qui sotto ti allego il pezzo di Giacomo Di Girolamo in questione
che oramai spopola in rete e che, oltre te, mi hanno mandato da molte
parti, anche mio figlio da Barcelona.
Ti allego anche però un mio piccolo commento-risposta che ho messo anche nel
nostro blog de associazioneilfondo.it e che sta suscitando ulteriori
riflessioni...
Vorrei solo ribadire che comunque la si pensi, sbandierare come virtù,
rivendicare ed incitare a non dare un euro ( e soprattutto a non dare la
propria solidarietà attiva in nessun modo ) è cinismo allo stato puro degno
figlio dei tempi che viviamo delle tv che guardiamo dell'aria che respiriamo
e soprattutto della politica del dividi e impera che ci scaglia gli uni
contro gli altri come cani rabbiosi in una assurda guerra tra poveri. Essere
cinici e di pietra o di merda in vecchiaia è già brutto, ma esserlo da
giovani come questo tipo ( che forse ha anche ben calcolato l'effetto del
sasso in piccionaia che ha tirato, non dimentichiamoci che è un piccolo
giornalista, vedrai che troverà qualcuno che lo assumerà a Roma invece che a
Marsala) è desolante.....e mi fermo qui se no mi arrabbio sul serio...
ciao, Stefano

Leonardo ha detto...

Vedi che la vecchiaia serve a qualcosa !
Io, comunque, i quattrini li ho sganciati. Li ho sganciati a
malincuore perché avrei preferito dare coperte etc.. come ai tempi
della guerra. ( mi sarebbe piaciuto così il gazebo di solidarietà in
piazza )
E' proprio l'estremo cinismo e la sottolineatura delle responsabilità
che mi sono piaciuti. Malgrado tutto.
Il ragionamento portato all'eccesso.
Proprio ora che riaffiorano logiche di terrorismo ( come questa ... è
vero ), nessuno ne parla. Perché ?



Ciao

PS: sei l'unico che ha risposto.

francesca ha detto...

Ci credi? non ho dato un euro...è stato più forte di me...

Mardin ha detto...

apr 22, 2009
memoria di un sottosuolo

Nel 1915 un violento terremoto aveva distrutto buona parte del nostro circondario e in trenta secondi ucciso circa trentamila persone. Quel che più mi sorprese fu di osservare con quanta naturalezza i paesani accettassero la tremenda catastrofe. In una contrada come la nostra, in cui tante ingiustizie rimanevano impunite, la frequenza dei terremoti appariva un fatto talmente plausibile da non richiedere ulteriori spiegazioni. C'era anzi da stupirsi che i terremoti non capitassero più spesso. Nel terremoto morivano infatti ricchi e poveri, istruiti e analfabeti, autorità e sudditi. Nel terremoto la natura realizzava quello che la legge a parole prometteva e nei fatti non manteneva: l'uguaglianza. Uguaglianza effimera. Passata la paura, la disgrazia collettiva si trasformava in occasione di più larghe ingiustizie. Non è dunque da stupire se quello che avvenne dopo il terremoto, e cioè la ricostruzione edilizia per opera dello Stato, a causa del modo come fu effettuata, dei numerosi brogli, frodi, furti, camorre, truffe, malversazioni d'ogni specie cui diede luogo, apparve alla povera gente una calamità assai più penosa del cataclisma naturale. A quel tempo risale l'origine della convinzione popolare che, se l'umanità una buona volta dovrà rimetterci la pelle, non sarà in un terremoto o in una guerra, ma in un dopo-terremoto o in un dopo-guerra.

[Ignazio Silone, Uscita di Sicurezza]

manu ha detto...

grazie mille, grazie a tutti. :-*